Mes, sponda con Berlino
Beniamino MoroI n vista del vertice europeo che si apre oggi a Bruxelles, il premier Conte si è premunito con un pre-accordo di sponda con la cancelliera Angela Merkel, che si è dichiarata ben disposta a difendere la posizione italiana contro quella dei paesi frugali (Olanda, Austria, Svezia e Finlandia), i quali si sono dichiarati contrari al Recovery Fund da 750 miliardi così come è stato proposto dalla Commissione per far ripartire l'economia europea dopo il brutto arresto causato dalla pandemia.
La cancelliera ha già mandato a Conte un messaggio esplicito nel sostenere che al vertice di Bruxelles «occorre costruire ponti» e «non so se riusciremo a raggiungere un accordo, anche se sarebbe positivo», ma una cosa è certa: «quello che abbiamo proposto come fondo per la ripresa dev'essere poderoso, non può essere ridimensionato perché la sfida che abbiamo di fronte richiede una grande risposta, che ha una dimensione politica».
Il premier italiano incassa soddisfatto il messaggio della cancelliera, alla quale riconosce «grande capacità politica, visione strategica e la piena consapevolezza del momento storico che viviamo». Le parole della Merkel confermano che Italia e Germania giocano insieme la partita del Recovery Fund, con l'obiettivo di giungere in tempi rapidi a una forte reazione dell'Europa alla pandemia e alle sue devastanti conseguenze economiche. Dal canto suo, il premier Conte fa un'apertura significativa.
O ccorrono «criteri di spesa chiari e trasparenti in un quadro di solidarietà comune» e «un costante monitoraggio sulla coerenza dei programmi e sulla loro attuazione», dice il presidente del Consiglio, precisando che per ciascun Paese «la scelta sull'uso delle risorse dev'essere discrezionale, ma non può essere arbitraria».
La cancelliera Merkel chiude invece il suo discorso aggiungendo di non vedere alcuna difficoltà per quello che riguarda la posizione negoziale italiana, come a dire che i veri problemi alla trattativa li stanno ponendo i quattro Paesi frugali, meglio definiti anche come “avari”. Peraltro, le condizioni da rispettare per l'accesso ai fondi europei riguardano anche questi Paesi. Se all'Italia, infatti, viene chiesto da Bruxelles di avere un'amministrazione più efficiente e una giustizia civile più rapida, a un Paese come l'Olanda si chiede, altrettanto perentoriamente, di «correggere pienamente le caratteristiche che agevolano la pianificazione fiscale aggressiva» e di «garantire la vigilanza e l'applicazione efficaci del quadro antiriciclaggio».
In sostanza si chiede agli olandesi di smantellare il paradiso fiscale che gestiscono da anni all'interno dell'area euro; quindi di fare di più per contrastare la circolazione di denaro evaso nel sistema finanziario europeo.
Semmai, la nota dolente per l'Italia è che per accedere al Recovery Fund va presentato un documento dettagliato che vada oltre i buoni propositi. Come scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera, «vanno indicati progetti precisi e per ciascuno vanno precisati scopi, logiche, costi, rendimenti attesi, strumenti, tempi di realizzazione, condizioni di cornice per rispettare quei tempi, impatti stimati sull'economia». Il tutto va presentato entro il 15 ottobre. «Bene, - conclude Fubini - uno immaginerebbe che di fronte a una sfida del genere sia tutto un brulicare di preparativi. Ma immaginerebbe male. Il “piano per fare un piano”, l'idea di un gruppo di lavoro interministeriale che prepari il progetto, da un mese resta chiuso (e piuttosto segreto) in un cassetto del ministero dell'Economia … C'era un'idea di collocare questa task force nel Comitato interministeriale per gli Affari europei (presieduto dal premier), ma per ora è svanita nel nulla».
I 5 Stelle, a quanto pare, non si fidano; fra loro c'è chi vorrebbe farsi dare i soldi europei per finanziare spese già esistenti, dimostrando così di non aver capito cos'è il Recovery Plan. E intanto il tempo passa. Sembrerebbe che al ministero dell'Economia intendano chiedere aiuto agli esperti di McKinsey, ma il problema in tutta evidenza non è solo tecnico, è anche politico.
BENIAMINO MORO
DOCENTE DI ECONOMIA POLITICA
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI