Le proposte per ripartire
Beniamino MoroN ella riunione dell'Eurogruppo di oggi verranno selezionate le proposte per la ripartenza economica, da inviare al Consiglio dei capi di Stato e di Governo di giovedì. Sul tavolo sono in discussione proposte della Commissione Ue e dei singoli Stati. Quella più impegnativa riguarda un'assicurazione temporanea anti-disoccupazione presentata dalla presidente Ursula Von der Leyen. Si chiama “Sure” e fa riferimento al sistema tedesco di sostegno statale al part-time.
Nella versione europea, il piano “Sure” si aggiunge ai sistemi di ammortizzatori sociali nazionali e potrà mobilitare fino a 100 miliardi di euro, da concedere in prestito ai Governi che necessitano di rifinanziare la propria cassa integrazione. I soldi verrebbero raccolti emettendo titoli europei garantiti dai 27 Stati membri, che devono impegnarsi per circa 25 miliardi. Di fatto, tali titoli sarebbero una prima forma di eurobond, che consentirebbero a Italia e Spagna, i Paesi in maggiore difficoltà, di ricevere prestiti superiori alle garanzie da loro fornite. Non a caso, “Sure” dovrebbe essere collaudata partendo inizialmente proprio dalle aree di Milano e Madrid.
L a Von der Leyen propone anche di costituire un fondo di sostegno sanitario con quel che resta del bilancio comune e di dirottare sull'emergenza tutti i fondi strutturali già assegnati ai singoli Paesi. La proposta della Commissione Ue è completata da un fondo per gli indigenti, da aiuti a pescatori e agricoltori, da un piano per dirottare verso l'emergenza gli aiuti delle politiche di coesione e da un mini-fondo ai sistemi sanitari da tre miliardi. «Il nostro piano Marshall», lo ha definito la presidente Ue, che sommato agli interventi nazionali potrà mobilitare sino a 2.770 miliardi di euro, «la più ampia risposta finanziaria a una crisi europea mai data nella storia». Confrontabile con i megastanziamenti delle superpotenze come gli Stati Uniti e la Cina. I primi, infatti, hanno già varato un primo pacchetto di spesa pubblica da duemila miliardi di dollari, il 9,5% del Pil. Inoltre, Trump ha già preannunciato un secondo pacchetto più vasto del primo, come se l'Italia varasse in due mesi una manovra espansiva di 360 miliardi. La Cina, a sua volta, ha annunciato un programma contro la pandemia costituito da 7.500 miliardi di yuan di nuovi investimenti, pari all'8% dell'economia cinese.
L'Eurogruppo di oggi dovrebbe concordare inoltre anche altre misure da circa mille miliardi, incentrate sui prestiti Mes e della Banca europea degli investimenti (Bei), in grado di promuovere ulteriori stimoli per la crescita. Per tutti i Paesi si apre l'opzione di una linea di credito da parte del Mes pari al 2% del Pil, senza clausole di condizionalità sulla sostenibilità del debito. Anche la Bei alzerà i suoi volumi di credito. Tutte queste misure, tuttavia, aggiungono ulteriore debito sui singoli Stati: non c'è ancora, se non in maniera limitata, la messa in comune dello sforzo e del rischio. Resta dunque ancora la tensione su una vera risposta solidale di lungo periodo da dare alla crisi.
In questo quadro, il nostro governo, dal canto suo, prevede l'erogazione di nuovi sostegni all'economia per complessivi 35-40 miliardi, con due decreti legge: il primo emanato ieri per fornire nuova liquidità a tutte le imprese attraverso il Fondo di garanzia per le piccole e medie aziende, che riceverà altri 5 miliardi per garantirne circa 100 di credito. Il secondo, che verrà emanato a ridosso di Pasqua, per prorogare e rafforzare le misure per lavoratori e famiglie. Tra le misure, 4-5 miliardi dovrebbero andare alla Cassa depositi e prestiti per le grandi imprese, anche qui con una potenza di fuoco fino a 100 miliardi di crediti. In tutto 200 miliardi che si sommerebbero ai 350 mobilizzabili, secondo il Tesoro, col decreto Cura Italia già in vigore. Infine, sembrerebbe prendere corpo anche la proposta avanzata dal rappresentante della Bundesbank nel comitato esecutivo della Bce, Isabel Schnabel, dell'emissione di coronabond una tantum: sarebbe un'altra mano tesa verso l'Italia e la Spagna.
BENIAMINO MORO
UNIVERSITÀ DI CAGLIARI