I n occasione della visita di Stato in Italia del presidente Xi Jinping, prevista a Roma dopodomani e per tre giorni, il governo si accinge a firmare un memorandum d'intesa con la Cina nell'ambito della “Belt and Road Initiative” (BRI), il piano economico-diplomatico annunciato nel 2013 dallo stesso Xi con l'obiettivo dichiarato di migliorare i collegamenti commerciali della Cina con l'Europa.

Per l'attuazione di questa iniziativa, ribattezzata come Nuova via della seta, la Cina ha stanziato 140 miliardi di dollari di investimenti. Sono in molti, tuttavia, a sospettare che l'attivismo cinese miri non solo alla penetrazione economica, ma anche all'egemonia geopolitica in Europa. La sfida, infatti, è anche strategica, politica e ideologica e non tutti hanno ancora colto il gigantesco sforzo che la Cina sta compiendo per diventare un insostituibile interlocutore nello scenario globale. Non a caso, nel 2017 la BRI è stata inserita nella Costituzione cinese. Si tratta dunque di un obiettivo strategico di Stato, non di una mera iniziativa economica.

Il memorandum da firmare con l'Italia, simile a documenti analoghi concordati con vari altri Paesi europei, tra cui Polonia, Ungheria, Portogallo e Grecia, dove Pechino ha già messo le mani sul porto del Pireo, comprende iniziative riguardanti il nostro sistema stradale, ferroviario e aeroportuale (in particolare, i porti di Genova e Trieste), l'energia e le telecomunicazioni, tutte inserite in un “progetto di connettività infrastrutturale” secondo la definizione datane dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. (...)

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