S altata la finestra elettorale di settembre, alla ripresa autunnale si porrà il problema della manovra finanziaria per il 2020. La situazione di partenza è definita dal quadro programmatico contenuto nel Def di aprile, che a politiche invariate prevede: 1) la disattivazione delle clausole di salvaguardia per evitare l'aumento automatico dell'Iva nella misura di 23,1 miliardi; 2) il finanziamento di 2,7 miliardi di spese indifferibili (aumenti di stipendio dei dipendenti pubblici e altre spese correnti e in conto capitale); 3) nuovi investimenti per 1,8 miliardi, per un totale complessivo 27,6 miliardi di risorse da finanziare.

Per quanto riguarda le coperture, nella lettera inviata da Conte alla Commissione Ue, viene sottolineato che il Parlamento ha chiesto, in occasione dell'approvazione del Def, non solo l'abrogazione del rialzo dell'Iva, ma anche l'esclusione di aumenti alternativi della pressione fiscale con misure di pari efficacia. Ciò significa che il disinnesco delle clausole Iva potrà avvenire solo con una revisione della spesa di pari importo, ma non con un nuovo aumento del debito, perché in tal caso si riaprirebbe la procedura d'infrazione.

Tuttavia, la revisione della spesa sinora prevista dallo stesso Def ammonta solo a 2 miliardi. Tenuto conto di altri 2 miliardi di minori interessi e 3 miliardi di risparmi su quota 100 e reddito di cittadinanza, resterebbero comunque circa 20,6 miliardi di spese da tagliare. Questa è la situazione attuale a legislazione vigente, cui si aggiungerebbero i costi dei nuovi provvedimenti, tra cui la flat tax della Lega. (...)

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