V enezia non è solo sommersa da un'onda di mare che entra dai canali scavati per il transito delle petroliere e delle grandi navi - scrive Antonio Scurati sul Corriere della Sera -, è sommersa anche da un'onda turistica e, soprattutto, da un'onda di malaffare, di cattiva amministrazione e cattiva coscienza. Nessuno degli amministratori che in questi giorni ha sfilato in stivali di gomma tra le calli di Venezia sommersa può dirsi estraneo al suo saccheggio”.

Il presidente veneto, Luca Zaia, tirandosene fuori, si è chiesto nei giorni scorsi se i 5,5 miliardi di soldi già spesi nel sistema Mose non siano finiti anch'essi sott'acqua, come l'intero sistema di difesa dall'alta marea. Dopo il picco di 1,87 metri di “acqua granda” raggiunti il 12 novembre, le battute dei “sotoporteghi” sul cantiere infinito e mangiasoldi si sprecano: «L'unica cosa che manca al Mose per fermare le acque è l'accento sulla e», è solo una delle ultime riportate dai giornali.

Eppure, Zaia, già vicepresidente della Regione Veneto con Giancarlo Galan, condannato per corruzione a due anni e dieci mesi di reclusione proprio nell'ambito di un processo relativo ai finanziamenti illeciti legati agli appalti Mose, in passato aveva fatto numerose dichiarazioni su come funzionasse bene quel sistema, che per Venezia, diceva, fosse una grande opportunità. Se oggi il Mose, come dice Zaia, è uno scandalo nazionale, la colpa è anche dei politici di questa Regione, che prendevano le bustarelle dal Consorzio Venezia Nuova incaricato della realizzazione del progetto. (...)

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