M ario Draghi il primo novembre lascerà la carica di presidente della Bce alla francese Christine Lagarde, attuale presidente del Fondo monetario internazionale, ma insieme alla carica le lascerà anche l'impegno della stessa Bce a ricominciare, proprio dal primo novembre, gli acquisti di titoli pubblici dei Paesi euro, il cosiddetto Quantitative easing. Questo, già interrotto a fine 2018, verrà ripreso al ritmo di 20 miliardi di euro al mese e avrà come obiettivi intermedi l'aumento della liquidità delle banche, bassi tassi d'interesse e un tasso d'inflazione al 2%, col duplice obiettivo finale di favorire gli investimenti, perché i soldi presi a prestito costeranno di meno, e rendere più sostenibile il debito pubblico, perché anche su questo si pagheranno minori interessi.

Dei tre obiettivi intermedi, i primi due sono stati pienamente conseguiti, mentre il tasso d'inflazione resta intorno all'1%, metà dell'obiettivo dichiarato dalla Bce. Una maggiore inflazione alleggerirebbe il peso del debito pubblico e stimolerebbe gli investimenti e la crescita del Pil.

I benefici concreti della politica monetaria espansiva si sono estesi a tutti i Paesi dell'Unione monetaria europea (Ume), ma non vi è dubbio che il Paese che più ne ha beneficiato sia l'Italia. Nel periodo in cui il Qe è stato adottato, cioè da metà del 2014 sino alla fine del 2018, infatti, la liquidità totale immessa dalla Bce nell'economia europea è stata di 2.648 miliardi di euro, di cui 366,8 miliardi hanno riguardato acquisti di titoli del debito pubblico italiano. (...)

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