L a pandemia da Covid-19 ha rivoluzionato le politiche economiche a livello mondiale. Negli Stati Uniti, l'era Trump aveva già dilatato il disavanzo pubblico al ritmo di mille miliardi di dollari l'anno. In pochi giorni dopo l'arrivo della pandemia, il Congresso ha varato nuovi interventi per 2.700 miliardi dollari (il 13 per cento del Pil) e già servono molti altri soldi per salvare aziende, Stati e città.

Come scrive Massimo Gaggi sul Corriere della Sera, un maldestro tentativo del leader del Senato di arrestare il meccanismo di spesa è stato aspramente criticato dall'opinione pubblica. Il presidente della Federal Reserve (Fed), Jerome Powell, ha addirittura rivoluzionato l'approccio tradizionale della politica monetarista della Fed, caratterizzata da un culto quasi religioso dell'indipendenza della Banca centrale dal potere politico, trasformandola adesso nel braccio operativo del Tesoro, che, oltre a fornire un'enorme liquidità al sistema finanziario, gestisce anche gli aiuti alle imprese. Colpisce il fatto che l'invito più forte al Congresso a spendere di più sia venuto proprio dalla Fed, il cui bilancio si sta gonfiando con l'acquisto di titoli di ogni tipo.

D agli 800 miliardi prima del crollo finanziario del 2008 si è arrivati ai 6.600 attuali, e si arriverà ai 9-11 mila previsti con gli interventi anti pandemia. «Sono numeri - scrive Massimo Gaggi - da far tremare i polsi, ma Powell non ha scelta: le cose andrebbero molto peggio se si arrivasse all'insolvenza delle imprese».

Anche la Cina, sulla scia americana, ha approvato un programma monstre contro la pandemia, costituito da 7.500 miliardi di yuan di nuovi investimenti, pari all'8% dell'economia di Pechino. Pure in Europa c'è da affrontare la crisi economica innescata dalla pandemia. Nelle valutazioni degli Istituti nazionali di statistica, questa ha già fatto crollare il Pil del primo trimestre del 4,7% in Italia, del 5,8 in Francia e del 5,2 in Spagna, che sono le economie più colpite. Nel secondo trimestre, si stima un ulteriore peggioramento compreso tra il 5 e il 12%. Perciò, la Bce ha deciso di tagliare a -1% il tasso sulle aste dei finanziamenti a lungo termine della nuova linea di credito denominata Pandemic Emergency Purchase Program (PEPP, ovvero Programma di acquisto di titoli per finanziare il contrasto alla pandemia), finanziamenti che le banche possono girare alle imprese a tassi irrisori nel periodo da giugno 2020 a giugno 2021.

I mercati si aspettavano un incremento della potenza di fuoco, ma la Lagarde ha confermato che il PEPP resta fissato a 750 miliardi di euro, anche se la Bce è pronta ad aumentarne le dimensioni qualora fosse necessario e ad estenderlo finché non sarà superata la crisi: in ogni caso, sino alla fine dell'anno e anche oltre, sempre che sia necessario. Dopo la gaffe della riunione di marzo, che aveva fatto schizzare lo spread dell'Italia, la Lagarde questa volta difende l'unità dell'Eurozona: «Non tollereremo alcun rischio di frammentazione dell'area dell'euro», ha ribadito, aggiungendo che farà tutto ciò che sarà necessario per sostenere i cittadini europei.

Infine, oggi a Bruxelles si discute una prima bozza del Recovery Fund, che dovrebbe mettere in campo mille miliardi di euro per aiutare i Paesi europei nella ripresa economica del dopo Covid-19, con due nodi da sciogliere: il primo se finanziarlo con emissioni comuni (eurobond) o separate per ciascun Paese richiedente; il secondo se concedere solo prestiti o anche sovvenzioni a fondo perduto. Anche l'Europa, dunque, come gli Stati Uniti e la Cina, ha schierato tutto il suo potenziale di fuoco contro la pandemia, costi quel che costi. E dentro l'Europa si muovono i singoli Stati, coperti dal mantello comune della Bce. L'Italia, per dire, dopo un primo scostamento di bilancio di 25 miliardi di euro a marzo, può permettersi una seconda manovra per altri 150 miliardi, tutte due in deficit, che non sarebbero state possibili con una moneta autonoma come la lira senza rischiare di andare in default in stile argentino.

BENIAMINO MORO

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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