S i intravede la luce, il peggio sembra essere passato, entro fine maggio dovremmo provare a rialzarci. Ma il ritorno alla normalità non appare incoraggiante. Le centinaia di nuove norme e adempimenti sembrano più un deterrente che un volano per la ripresa, tenuto conto che nuovi e maggiori oneri vengono invariabilmente posti a carico degli operatori economici.

I l 31 maggio è anche un'altra ricorrenza: la giornata mondiale contro il tabagismo. Un appuntamento fortemente voluto dall'Oms per ricordare a tutti che il consumo di sigarette uccide ogni anno 8 milioni di persone, specie tra i meno abbienti, di cui 900.000 per fumo passivo, tra i quali 160.000 bambini. In Italia sono circa 12 milioni i fumatori ed ogni anno ne perdiamo 80.000: prima causa di decessi del Paese; altro che Covid-19.

Per questa carneficina - però - lo Stato non ha previsto quarantene ma solo (dal 2003) il divieto di fumare in ambienti chiusi, aperti al pubblico. Chi vuole deve recarsi nelle sale fumatori, dove il contagio è assicurato. E così negli ambienti privati e nelle auto (salvo, dal 2016, che per minori e donne incinte): anche qui il contagio è libero. Dopo aver lungamente lucrato sulla vendita delle sigarette, lo Stato si è inoltre deciso ad obbligare i produttori ad avvertire degli effetti cancerogeni del fumo. E, dal 2015, ha lanciato la campagna “Ma che sei scemo”, con testimonial Nino Frassica. Così, oltre al danno, la beffa: cornuti e mazziati. Insomma, tabagismo e coronavirus, pur avendo ambedue elevata mortalità, sono trattati diversamente, perché? Forse perché col primo (oltre ai produttori) lo Stato continua (con le imposte) a fare cassa, mentre il secondo genera solo costi? Perché i decessi da tabagismo vengono ascritti ad altre malattie (cancro, infarto, ictus ecc..) e non procurano allarme? Perché i malati di tabagismo muoiono più lentamente e non congestionano improvvisamente le strutture sanitarie?

Troppe le domande scomode, che, per decenza, lasciamo inevase. Una cosa è però certa. Lo Stato è in contraddizione e deve scegliere: o decide di proibire la vendita di sigarette, o adotta anche per il Covid-19 lo stesso metodo usato nel tabagismo: il principio di autoresponsabilità. Alberghi, bar e ristoranti potranno così distanziare i clienti come meglio possono e avvertirli che, ove ciò non è possibile, esiste un pericolo di contagio. Starà poi ai singoli autodeterminarsi, esattamente come per le sigarette. Così anche per riunioni e spostamenti. Una volta vietati i grandi assembramenti e resa obbligatoria la mascherina, tutto dovrà essere lasciato alla libera scelta dei cittadini, unici in grado di evitare luoghi e circostanze pericolosi, senza bisogno di inutili restrizioni poliziesche. Non è infatti sostenibile che, per sopperire a proprie inadeguatezze (tra cui una sanità pubblica trascurata per decenni), lo Stato limiti le libertà dei cittadini o addossi alle imprese responsabilità che non gli appartengono. Il diritto non può sostituirsi alle relazioni familiari e sociali, né arrogarsi il compito di legittimarle (come nel caso dei “congiunti”).

Non ci sarà neppure bisogno delle campagne pubblicitarie di Nino Frassica. Finalmente, i cittadini, avvertiti del pericolo, faranno da soli. Un risultato, almeno, sarà raggiunto: evitare di passare per scemi.

ALDO BERLINGUER

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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