Così lontano, così vicino. L’inferno di Gaza, terra dell’ultima delle guerre, a duemila e quattrocento chilometri dall’Isola che fu dei Popoli dei mari, sprofonda ogni giorno di più in una pioggia funesta che non irriga di vita i campi della Terra Promessa. Devastazione che rade al suolo ogni istante di sopravvivenza, in un’avanzata che infiamma non solo quella “Striscia”, ma che rischia di innescare uno scenario apocalittico nel versante orientale del Mare Nostrum, l’antico Mediterraneo. L’ennesima fiammata di un mondo in subbuglio dove i confini della guerra si aggrovigliano sempre di più con quelli degli affari di morte, dei pozzi di gas e di petrolio, delle relazioni perverse tra Stati canaglia e terrorismo, tra interessi esorbitanti e smanie imperialiste.

Cosa c’entra la Sardegna

Domandarsi cosa c’entra la terra dei Nuraghi con quel conflitto, con quella guerra inaudita, non è quesito scontato. La mappa geografica, i confini di terra e di mare, da tempo non dicono tutto. O meglio, non raccontano la verità, quella sotterranea, subdola e negata ai più. È lo scacchiere circospetto di ciò che non si può dire e bisogna, per amor di patria, tacere. È la rappresentazione delle più evidenti contraddizioni e ambiguità, di subdole relazioni che per il vil denaro, bisogna far finta di ignorare. In questa mappa di relazioni pericolose, di affari circospetti, di interessi economici che prevalgono su tutto la Sardegna non è terra marginale.

Intrecci perversi

Se si apre lo scrigno dei bilanci economici e delle compagini societarie si scopre che l’intreccio tra armi e sanità, turismo d’alto bordo e energia, alta finanza e trasporti trasforma l’Isola in un vero e proprio snodo cruciale tra l’Occidente e il Medioriente. Una sintesi di contraddizioni e palesi ambiguità, di spregiudicatezza capace di sconfinare senza cautela nell’opportunismo a buon mercato. Le chiamano relazioni economiche, la realtà, però, in uno scenario di guerra come quello israeliano-palestinese, è ben altro, soprattutto quando il confine tra Stati e terrorismo diventa flebile sino ad annientarsi del tutto con fiumi di denaro che da sempre, secondo i report internazionali più accreditati, finiscono nel sottobosco delle armi o dei tunnel sotterranei di Gaza.

Far finta di niente

In Europa, così come in Italia, la regola è far finta di niente. Ignorare, come se niente fosse, quel fiume di denaro che da decenni, con un volume sempre più consistente negli ultimi anni, ha finanziato sotterraneamente i canali terroristici da sempre nemici dell’Occidente, da Hamas ad Al Qaida, dall’Isis ai Fratelli Musulmani. Sino ad arrivare ad insinuarsi con voracità nelle pieghe della corruzione europea, con tanto di tangenti versate come un fiume in piena nelle cassette di sicurezza di parlamentari europei e non solo, con l’unico obiettivo di rappresentare taluni paesi arabi come icone di democrazia e di rispetto dei diritti, da quelli delle donne sino a quelli civili.

Qatar, di casa nell’Isola

Il primo caposaldo di questo scacchiere finanziario-terroristico, economico e affaristico ha un indiziato che in Sardegna è di casa, anzi ha preso per molti versi la residenza. Sotto accusa, secondo i report americani e occidentali, c’è il Qatar, lo Stato più piccolo e potente del versante mediorientale. A Bruxelles, come a Roma, a Cagliari come nella Costa Smeralda, quando Tamim bin Hamad Al Thani, l’Emiro del Qatar, posa piede sulla terra straniera sono più i salamelecchi che le strette di mano, più gli inchini che la dignità istituzionale. Eppure, tutti a sparare a zero contro i “terroristi” di Hamas, per l’eccidio del sette settembre nelle terre dei coloni israeliani, oltre l’invalicabile confine della Striscia di Gaza. Niente importa se proprio Hamas quando ha avuto bisogno di soldi ha sempre bussato alla porta del Qatar. Non è un caso che il vero quartier generale dei terroristi che controllavano la Striscia di Gaza, al contrario di quanto sostengono in queste ore gli israeliani, non sia sotto l’ospedale di Shifa, ma nel cuore di Doha, la capitale del Qatar. Certo, nell’emirato, hanno un obiettivo su tutti: tentare di lavarsi in ogni modo coscienza e immagine.

Beneficenza di facciata

Le ragioni del sostegno vengono giustificate con il “nobile” impegno ad «alleviare la sofferenza del popolo palestinese». Non è un caso, infatti, che tutti pendano dalle labbra della «diplomazia» qatariota, impegnata a loro dire nei negoziati per il rilascio degli ostaggi. In pochi, però, nelle “intelligence” militare e internazionali ci credono. Il Qatar dal 2012 è la «casa» di Khaled Meshaal, il leader di Hamas, ma ha ospitato con tutti gli onori Saleh al-Arouri, il fondatore dell’ala militare di Hamas sino ai membri delle Brigate Izz ad-Din al-Qassam, conosciute per la loro capacità di pianificare attacchi dall’estero, a Husam Badran, attuale portavoce di Hamas nei media e che ha istigato diversi attentati suicidi durante la Seconda Intifada.

Tunnel & armi

I report finanziari raccontano “devoluzioni” sulla Striscia di Gaza di oltre un miliardo di dollari da parte dei signori del Qatar, quelli di casa in Sardegna. Soldi difficilmente finiti nella coltivazione di grano e benessere, piuttosto nelle maglie del terrorismo con l’obiettivo di rendere Gaza una fortezza inviolabile. Ed è proprio con il Qatar che si consuma il primo grande intreccio affaristico-economico tra il Medio Oriente e la Sardegna. Relazioni internazionali e domestiche, a volte esplicite e senza pudore, sia in terra sarda che in quella di Roma. Da una legge ad hoc del parlamento italiano per realizzare l’ospedale degli emiri in terra di Gallura, il Mater Olbia, con tanto di cachet annuale da 70 milioni di euro da prelevare dai devastati bilanci della sanità sarda, sino alla Costa Smeralda, il turismo d’élite fermo ancora alla politica dei cinquanta giorni, una sorta di pentola bucata che si riempie di dollari ma che finiscono buona parte sul versante mediorientale, lasciando poco o niente in Sardegna, rispetto al grande potenziale che si sarebbe potuto generare per l’Isola. Per non parlare del tracollo di Meridiana, la prima e unica compagnia aerea sarda, nata sotto l’egida del Principe Aga Khan, defunta sotto quella degli emiri amici di Hamas. Uno scacchiere sardo-mediorientale carico di denari, affari, armi e persino lo sconfinato obiettivo di allargare i confini, quelli del mare, verso la Sardegna.

(1.continua)

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