Se per un verso il “possente” Occidente ha voluto imporre sanzioni economiche dirette, quanto meno negli intenti, a punire il colosso russo, per l’altro verso, e paradossalmente, il sanzionatore sembrerebbe aver finito per foraggiare le casse del preteso sanzionato “premiandolo” (così sembrerebbe) nei fatti. Se poi si considera la circostanza riconnessa alla difficoltà di riconvertire i flussi energetici e di assicurare l’approvvigionamento delle materie prime, allora il quadro appare in tutta la sua completezza per offrire all’esterno l’immagine di una Europa imbrigliata che, nell’illusione di salvare l’Ucraina per salvare se stessa, potrebbe continuare a fornire all’Ucraina medesima, o meglio a quel che di essa resta, gli armamenti ritenuti necessari e, contestualmente, ad alimentare gioco forza le casse russe.

“Sanzioni contro” sarebbe il caso di osservare: ma contro chi precisamente? Ferma restando la severa condanna per l’aggressore, la risposta è come sempre direttamente conseguente e, purtroppo, fin troppo limpida rispetto alle sue conseguenze le quali, a ben considerare, sembrerebbero finire per scontentare una popolazione già fin troppo provata in conseguenza del biennio pandemico.

Una domanda su tutte si impone al di là e oltre ogni spicciola (se tale la si vuole considerare) riflessione pratica. Come può una sanzione diretta a colpire uno Stato terzo rispetto all’Unione conservare la sua “vis offensiva” se ha, tutto sommato, carattere unilaterale e non sembrerebbe essere stata neppure decisa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell’ambito del quale, proprio la Russia, gode a pieno titolo di un diritto di veto?

Come si è arrivati a credere che un provvedimento tutto sommato volontario, quale appunto le “sanzioni”, e per nulla imperativo nei termini ristretti della sua applicazione potesse annientare economicamente la potenza russa che, per tutta risposta, sembrerebbe aver visto intensificare i suoi traffici commerciali con il resto del mondo? A quale caro prezzo dobbiamo pagare la condivisione dell’orientamento cosiddetto “atlantico” nella disciplina dei rapporti Russia-Ucraina? Le sanzioni economiche, all’attualità, si sono rivelate utili o quanto meno sufficienti ad imporre uno “stop” deciso a una guerra che probabilmente nessuno di noi ha compreso fino in fondo sul piano delle ragioni scatenanti?

A tutto voler considerare, ci siamo ritrovati a dover fare i conti senza l’oste, e a pretendere di valutare oggi la potenziale efficacia di sanzioni che sarebbe stato doveroso considerare nei loro effetti ex ante rispetto alla loro applicazione. Sicché, la circostanza non può che costituire motivo di profondo imbarazzo soprattutto per chi aveva prima, e andrà ad avere poi, dopo il 25 settembre prossimo, le dirette responsabilità del governo del Paese. Sembra quasi che siamo arrivati al dunque: o noi o l’Ucraina. Alla fine sembra essersi fatto di tutto per arrivare ad un out-out. Per farla breve, e per dirla altrimenti, la realtà pare aver superato la fantasia: le sanzioni economiche sembrerebbero aver riverberato la loro “potenza di fuoco” sul complesso dei Paesi sanzionatori rivelandosi per nulla efficaci sul preteso sanzionato non solo ex ante, ossia sul piano emotivo, ma anche e soprattutto ex post sul piano del riflesso economico in sé e per sé considerato. Sembra essere mancata ab origine, da parte degli Stati disponenti, ogni preventiva valutazione previsionale sulla potenzialità ed effettività degli “effetti” (si scusi il gioco di parole) che quelle misure anti-Russia sarebbero andate a generare.

Intanto perché, con profonda ingenuità probabilmente alimentata dalla convinzione della propria superiorità, i vari Paesi sanzionatori, tutto sommato limitati sul piano numerico, si sono rivelati incapaci di considerare le potenziali interconnessioni della Russia con il resto del mondo.

Quindi perché, proprio la circostanza che quelle stesse misure non siano state condivise dalla quasi generalità della popolazione mondiale, sembra aver consentito al preteso sanzionato di poter aggirare le sanzioni e di fare, per così dire, “altrimenti”.

Infine perché, a ben considerare, non solo l’Occidente parrebbe aver clamorosamente fallito nel suo tentativo di portare avanti una politica di isolamento in danno alla Russia, ma anzi aver conseguito l’effetto opposto di “orientarla altrove” espandendone le potenzialità economiche verso Paesi altri. Ci ritroviamo a dover far fronte, impotenti e stanchi, a un periodo di inarrestabile retrocessione, con la disoccupazione alle stelle, e un livello di deprivazione finanziaria che rischia di far implodere gli stessi meccanismi regolatori del principio di sovranità, tanto nazionale quanto europea.

Se andiamo a “tirare le somme”, in buona sostanza, dobbiamo rassegnarci ad accettare un duplice ordine di conclusioni: quella per cui le sanzioni non si sono rivelate utili a frenare il conflitto che, all’inverso, parrebbe piuttosto essersi intensificato proprio sul piano militare; l’altra per cui, indiscutibilmente, le sanzioni avrebbero potuto riverberare gli effetti sperati solo allorquando ci fosse stata, a livello globale, la unanime condivisione delle stesse da parte della più ampia platea dei partner internazionali. Così non è stato, e le conseguenze sembrano essere chiare agli occhi di tutti, “competenti” e non. Dicendolo altrimenti: se può essere veritiera la circostanza per cui le sanzioni imposte dall’Unione Europea appaiono rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, tuttavia parrebbe essere altrettanto vero che quelle “decisioni”, quali atti giuridici di portata generale, sono vincolanti unicamente per i Paesi membri soggetti alla giurisdizione europea. E allora, a chi giova tutto questo? Sicuramente è arrivato il momento di assumere decisioni determinanti per il futuro dell’Italia e dell’Europa, e il prossimo esecutivo sarà inevitabilmente chiamato a offrire risposte soddisfacenti innanzitutto ai cittadini italiani stanti le responsabilità di governo che inevitabilmente andrà a ricoprire. È arrivato il tempo della concretezza e della verità. Chiunque assumerà su di sé le responsabilità del Governo del Paese sarà chiamato a operare scelte di “sistema” che potrebbero condizionare irreversibilmente il futuro della popolazione e i rapporti di forza con i Paesi membri in primis, e con i Paesi Terzi poi. Vietato sbagliare.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)

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