Le forze jihadiste filo-turche protagoniste di una cavalcata militare senza precedenti a danno delle forze governative, iraniane e russe in tutto il nord della Siria sono una variegata coalizione di fazioni del sunnismo radicale con frange del jihadismo caucasico e centro-asiatico anti-russo, pronte a mostrarsi come tolleranti nei confronti delle sparute comunità di cristiani ancora presenti nel martoriato Paese.

La guida dell'offensiva cominciata mercoledì scorso è affidata a Hayat Tahrir al Sham (Hts, Commissione per la liberazione della Siria), un raggruppamento di milizie jihadiste capeggiate da Abu Muhammad Jolani, fondatore nel 2012 dell'ala siriana di al Qaida (Jabhat an Nusra) ma poi staccatosi dal qaidismo internazionale per dar vita a una forma più pragmatica di jihadismo politico con base nella regione nord-occidentale siriana di Idlib. Jolani sarebbe stato ucciso nella notte in un raid russo, ha riferito il governo libanese, ma la notizia non è stata confermata.

Qui, nel corso degli anni, la Turchia ha esteso la sua influenza politica e militare diretta, avendo già occupato ampie zone del nord-ovest e del nord-est della Siria. Il 42enne Jolani, originario della regione di Damasco, sebbene non abbia mai ammesso legami diretti con Ankara, è da più parti definito un agente del sistema di potere incarnato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Hts, creata nel 2017 dallo stesso Jolani, non è però solo una sigla militare ma è anche una struttura politica e amministrativa, che è dietro di fatto al governo di salvezza siriano, l'ente che da anni domina la governance nel quadrante nord-occidentale siriano con 'capitale' Idlib.

Proprio da questa zona, all'alba del 26 novembre, si sono mosse le prime avanguardie dell'offensiva jihadista filo-turca contro le postazioni governative, iraniane e russe. All'interno della struttura militare di Hts ci sono ex ribelli siriani anti-governativi, fautori delle prime rivolte armate contro il potere del contestato presidente Bashar al Assad, accanto a transfughi del qaidismo locale e dell'Organizzazione dello Stato islamico (Isis).

Ma ci sono anche numerosi mercenari, cooptati dalla Turchia, del Caucaso e dell'Asia centrale fino agli uiguri dello Xinjang (Turkestan orientale) in Cina. Si tratta di combattenti non siriani, non arabi ma musulmani sunniti con profondi sentimenti anti-russi e anti-cinesi. Nonostante queste componenti straniere e nonostante l'evidente ideologia jihadista di Hts e dei suoi alleati, Jolani e i suoi comandanti da giorni insistono nel presentarsi come leader siriani su scala nazionale, intenzionati a "preservare la pluralità religiosa e comunitaria", con un esplicito riferimento alle componenti cristiane di Aleppo e di altre zone della Siria.

Al fianco di Hts l'offensiva di questi giorni è condotta anche da un'altra coalizione: il cosiddetto 'Esercito nazionale siriano' (Jaysh al watani) da non confondere con l'esercito regolare governativo di Damasco. Questo 'esercito nazionale', che per ora occupa una posizione subordinata rispetto agli uomini di Jolani, è una creazione diretta dei servizi di sicurezza militari e dell'esercito turco e nel corso degli anni ha inglobato una serie di fazioni della rivolta siriana del 2011-12 espulse a partire dal 2014 da Homs, Aleppo, Hama, Daraa e dalla regione di Damasco durante la fase di riconquista governativa, russa e iraniana. 

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