Nel corso dell’Angelus per la Festa dell’Assunzione di Maria, Papa Francesco ha voluto lanciare un appello per “la gravissima situazione umanitaria” nella Striscia, chiedendo espressamente di “percorrere le vie del negoziato affinché questa tragedia finisca presto”, e sottolineando, peraltro, che “la guerra è una sconfitta”.

Parole accorate e pienamente condivisibili quelle di Papa Francesco, che dovrebbero tradursi quanto più celermente possibile in atto pratico. Il conflitto in essere oramai da mesi in Medio Oriente non sembrerebbe aver mancato, e non pare mancare, di andare a determinare molteplici frammentazioni, differenziazioni ideologiche e posizionamenti all’interno della nostra macro-dimensione europea: sia sul piano sociale direttamente riconducibile alla quotidianità dei cittadini dei vari Paesi Membri, sia sul piano delle Istituzioni di riferimento, all’interno delle quali, con buona verosimiglianza, sembrerebbe a tutt’oggi forse ancora mancare una posizione comune sul piano dell’indirizzo politico.

Intanto, perché ancora oggi, come evidenziato da più parti, parrebbero sussistere difformità di vedute per quanto concerne la potenziale azione europea da portare avanti in merito all’attuale crisi mediorientale. Quindi, perché il contesto bellico in essere sembrerebbe aver contribuito ad evidenziare la probabile debolezza di una politica estera comune che fosse, e che sia, idonea ad incidere in maniera determinante sulle sorti del conflitto israelo-palestinese. Infine, perché le circostanze belliche contingenti parrebbero rischiare, nel loro divenire, di minare la credibilità stessa dell’Unione mettendone in discussione il ruolo sul piano geopolitico nella stessa regione interessata dal conflitto.

Si è da tempo sostenuta, e ancor oggi continua a sostenersi, la soluzione di carattere pratico e di indiscusso buon senso politico cosiddetta dei due Stati, accompagnata dall’impegno dell’Unione Europea a favorire ogni migliore e utile condizione per garantire una pace duratura. Ma, l’evolversi repentino ed imprevedibile del conflitto, allo stato attuale, potrebbe, ancora oggi, rendere nei fatti praticabile l’attuazione della soluzione compositiva riflettente il contestuale ed irrinunciabile diritto all’esistenza stessa di tutti gli Stati, e alla autodeterminazione della Palestina?

L’Unione Europea, allo stato attuale, e le sue Istituzioni, possono ancora svolgere il ruolo di mediatore internazionale nel condurre e portare avanti l’azione diplomatica diretta alla cessazione del conflitto e al ristabilimento dell’ordine internazionale? Dicendolo diversamente: quale ruolo l’Unione Europea può concretamente assumere nel bacino del contesto Euro - Mediterraneo complessivamente inteso?

I termini di un intervento diplomatico europeo nel conflitto israelo-palestinese potrebbero contribuire, più in generale, a comprendere quale possa essere la forza efficiente del cosiddetto Vecchio Continente nel panorama geo-politico mondiale. In questo senso, forse, si dovrebbero approfondire meglio, nell’ambito delle Istituzioni Europee, i possibili meccanismi diplomatici di intervento di cui l’Unione, nel suo complesso, effettivamente dispone al netto della nota regola dell’unanimità per le decisioni di politica estera europea. Ossia, dicendolo più semplicemente, della regola per cui anche una sola voce contraria può ben contribuire a porre nel nulla una decisione condivisa comunque dalla maggioranza. Siffatta regola, da taluni talvolta sottoposta a critica, può ancora avere una sua valenza allorquando si discutano questioni di rilevanza quale quella sul conflitto israelo-palestinese? Probabilmente sarebbe assai complesso fornire, anche in questo caso, una risposta univoca. Né sembrerebbero potersi, peraltro, trascurare le ripercussioni sul piano economico del conflitto, e non solo di quello in discorso, specie sul piano energetico, siccome potrebbero venire a mancare le forniture di petrolio con il rischio di vederne incrementare ancora di più i costi relativi.

L’azione diplomatica, e la immediata cessazione del conflitto, nel frangente, appare la migliore soluzione praticabile nel migliore interesse comune.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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