Patto Usa-Russia sull’Ucraina, Kiev esclusa. E Lavrov a Zelensky: «Merita bacchettate sulle mani»
Incontro tra le delegazioni a Riad, primi colloqui tra i due Paesi dopo anni di gelo, dall’inizio dell’invasioneI colloqui tra le delegazioni a Riad (Ansa)
Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Patto Usa-Russia per mettere fine alla guerra in Ucraina. Senza l’Ucraina, con Zelensky che non ci sta.
I colloqui a Riad hanno hanno portato a una sorta di reset nei colloqui Usa-Russia, i primi dall’inizio dell’invasione dopo anni di gelo.
Basta leggere le condizioni concordate - secondo il dipartimento di Stato americano - dalle due delegazioni, entrambe soddisfatte dell'esito: «Nominare i rispettivi team di alto livello per iniziare a lavorare su un percorso per porre fine al conflitto in Ucraina al più presto in un modo che sia durevole, sostenibile e accettabile da tutte le parti», ma anche «normalizzare» le relazioni diplomatiche e «gettare le basi per una futura cooperazione tra i due Paesi su questioni di reciproco interesse geopolitico e sulle storiche opportunità economiche e di investimento» dopo la conclusione della guerra. Quindi «pace» in Ucraina ma anche affari tra Washington e Mosca e intesa sugli equilibri di potere nel mondo.
Un vertice criticato da Volodymyr Zelensky, che ha lamentato l'esclusione di Kiev e chiesto «colloqui equi» anche con Ue, Regno Unito e Turchia durante l'incontro ad Ankara con Recep Tayyip Erdogan prima di rinviare al 10 marzo la visita a Riad per evitare coincidenze sospette.
«Tutte le parti devono fare concessioni», ha detto il segretario di Stato Marco Rubio dopo quello che ha definito un "pre-negoziato", quattro ore e mezzo di faccia a faccia in uno dei palazzi della famiglia reale saudita, Diriyah, nel complesso di Albasatin. Alla destra dei mediatori arabi - il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud, e il consigliere per la sicurezza nazionale saudita Mosaad bin Mohammad Al-Aiban - Rubio, il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz e l'inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff. Alla sinistra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il consigliere diplomatico del Cremlino Iuri Ushakov. Presente, ma ad altri incontri a margine, anche Kirill Dmitriev, l'oligarca consigliere informale del Cremlino con studi in Usa, un passato a Goldman Sachs e McKinsey ed ora ceo del fondo di investimento sovrano russo. Esclusi, almeno per ora, Zelensky e il vecchio continente, sebbene Rubio abbia assicurato che «anche l'Europa dovrà sedersi al tavolo dei negoziati», se non altro perché «ha imposto sanzioni a Mosca».
Poco dopo l'incontro il capo della diplomazia Usa ha avuto una conferenza telefonica per un primo confronto con i ministri degli Esteri del Quint: Antonio Tajani e i colleghi di Francia, Germania e Regno Unito più la rappresentante Ue Kaja Kallas. Il Cremlino, dal canto suo, ha ribadito che Vladimir Putin è pronto a negoziati con Zelensky «se necessario», risollevando però il problema della sua legittimità, dato che è rimasto in carica dopo la scadenza nel maggio 2024 grazie alla legge marziale. Tant'è che uno dei punti fissi dei vari presunti piani di pace trapelati finora evoca nuove elezioni in Ucraina.
Per ora sembra Mosca a dettare le condizioni. Prima dell'incontro a Riad, il Cremlino aveva messo in chiaro che una "soluzione a lungo termine" del conflitto è «impossibile senza un esame completo delle questioni di sicurezza nel continente» europeo. Il riferimento, in particolare, è all'espansione della Nato verso est e all'impegno preso nel 2008 a far entrare Ucraina e Georgia, pur senza fissare una data. Il giorno prima Lavrov aveva escluso qualsiasi cessione territoriale, mentre oggi ha insistito sul fatto che per Mosca «è inaccettabile» lo schieramento in Ucraina di forze di Paesi Nato in operazioni di peacekeeping.
Dopo il vertice, il capo della diplomazia russa ha riferito che gli americani hanno iniziato a «comprendere meglio» la posizione di Mosca e che russi e americani non solo si sono "ascoltati" a vicenda, ma si sono anche "compresi". Strigliata invece a Zelensky, che dovrebbe essere fatto «ragionare e ricevere una bacchettata sulle mani». Unica concessione del Cremlino la possibilità che Kiev entri nella Ue: «Questo è un diritto sovrano di qualsiasi Paese. Stiamo parlando di processi di integrazione economica. Qui, ovviamente, nessuno può dettare nulla a un altro Paese, e noi non lo faremo», ha assicurato il portavoce Dmitri Peskov.
(Unioneonline)