"Noi mettiamo in contatto le persone. Punto. E per questo che tutto il lavoro che facciamo per la nostra crescita è giustificato". A dirlo nel giugno del 2016 l'allora responsabile della pubblicità di Facebook Andrew Bosworth, oggi vicepresidente, in una nota che venne diffusa tra i dipendenti e che ora BuzzFeed ha reso pubblica.

Una nuova grana per il gruppo di Zuckerberg, nella burrasca per lo scandalo Cambridge Analytica sull'appropriazione di dati personali degli utenti e il loro utilizzo durante la campagna elettorale di Donald Trump e il referendum sulla Brexit. Una rivelazione che certo non aiuterà a migliorare l'immagine della società, né a placare il nervosismo sui suoi titoli in Borsa.

A emergere è il lato più oscuro del social network, quello più cinico e interessato unicamente al profitto, per cui il fine giustifica i mezzi, come ammetteva senza troppi giri di parole Bosworth: "Può essere negativo se le persone lo rendono negativo... Può costare la vita a qualcuno esponendolo al bullismo... Qualcuno potrebbe rimanere ucciso in un attacco terroristico coordinato attraverso i nostri strumenti".

Come a dire che per Bosworth l'importante è che Facebook cresca, costi quello che costi.

Salvo poi giustificarsi non appena la nota inizia a circolare, prendendone le distanze: "Non sono d'accordo con il contenuto di quel messaggio, e non lo ero nemmeno quando l'ho scritto. L'obiettivo del post, come di molti altri che ho scritto a uso interno, era di portare in superficie questioni che ritenevo meritassero maggiore discussione all'interno della compagnia".

Resta la gravità delle affermazioni, tanto da far intervenire a stretto giro lo stesso Zuckerberg, che interpellato da Afp ha descritto Bosworth come un manager di talento che dice cose provocatorie, pur condannando la sua nota in modo netto: "La maggior parte delle persone dentro Facebook, incluso me stesso, era fortemente contrario. Non abbiamo mai creduto che i fini giustificano i mezzi".

Ancora una volta in gioco ci sono i rischi connessi all'uso dei social, ma soprattutto la consapevolezza di Facebook e le misure intreprese per prevenirli, ridurli o semplicemente contrastarli.

(Unioneonline/b.m.)

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