«La situazione preoccupa, ma la missione Unifil con la Brigata Sassari resta»
Sulla Blue Line si vive alla giornata, militari costretti a rifugiarsi sempre più spesso nei bunkerPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Sulla Blue Line, in quel cuscinetto a guida Onu tra Libano e Israele, ormai si vive alla giornata. Con l'escalation della crisi mediorientale che continua a toccare livelli sempre più preoccupanti, nelle basi Unifil i militari sono costretti a rifugiarsi sempre più spesso nei bunker. Il cielo continua ad essere solcato dagli ordigni che Libano e Israele si lanciano ormai quotidianamente, in una guerra che rischia di far precipitare definitivamente gli eventi sull'intera regione.
«La situazione è ancora molto preoccupante ma la missione resta attiva», spiega il portavoce della missione dei Caschi Blu, Andrea Tenenti, lanciando un messaggio piuttosto chiaro a Tel Aviv. «Gli attacchi ai civili - ricorda - sono una violazione delle leggi umanitarie internazionali».
Lì, nella lingua di terra voluta dalle Nazioni Unite ormai quasi 25 anni fa, opera anche un contingente di oltre 1.200 soldati guidati dal generale dell'esercito Stefano Messina e composto per la maggior parte dalla Brigata Sassari che dallo scorso agosto ha preso il posto degli alpini della Taurinense. Un impegno significativo nel settore ovest delle operazioni, a sostegno degli oltre 10mila militari Unifil che, ormai da mesi, sono in stato di massima allerta. Prima per i raid di Iran e Israele e, ora, per quelli che vedono da un lato il governo di Tel Aviv e dall'altro Hezbollah.
«Nelle ultime settimane c'è stato un intensificarsi degli scontri tra le fazioni in lotta - ha spiegato Messina -. Noi siamo nelle basi dove ci sono adeguate misure di sicurezza per lo scenario attuale. Ci sono vari scenari, fino a quello massimo di protezione che prevede di andare tutti nei bunker al riparo con giubbotti antiproiettile ed elmetti». Per il generale le recenti esplosioni di cerca persone e walkie-talkie in Libano hanno colpito Hezbollah che però, ha evidenziato, «è ancora in grado di fare attività inedite come si sta vedendo in questi giorni».
A quasi un anno dal massacro di Hamas del 7 ottobre, dunque, la guerra - come prevedibile - comincia ad allargarsi finendo per mettere in allerta anche la missione Onu.
«I bombardamenti - sottolinea il portavoce Unifil Tenenti - stanno continuando in tutto il sud del Libano e anche altre zone. Non ci sono feriti tra i nostri caschi blu. Il comandante e capo missione, il generale Lázaro, continua a mantenere un canale di comunicazione aperto con le parti per abbassare le tensioni e cercare soluzioni che possano fermare queste ostilità che potrebbero trasformarsi in un conflitto regionale che nessuno vuole e che non avrebbe vincitori». Una considerazione che ricalca il pensiero di gran parte della comunità internazionale.
Non più di un mese fa il ministro della Difesa, Guido Crosetto, aveva sottolineato il rischio che i militari italiani potessero essere «coinvolti accidentalmente negli scontri tra le parti». È per questo aveva chiesto garanzie alle Nazioni Unite per tutelare l'operato dei militari impegnati in Libano. Nello stesso intervento alla Camera, il ministro aveva anche criticato l'operato di Unifil, accusando la missione di non aver raggiunto gli obiettivi prefissati. Oggi la crisi non accenna a placarsi e i militari continuano a ripararsi nei bunker continuando però a cercare canali e collegamenti che possano in qualche modo ridurre le conseguenze di un'escalation che sembra ormai inevitabile.
(Unioneonline)