Nebbia di video, annunci, messaggi Telegram, ordini che non partono e milioni di euro dalla destinazione incerta.

A poche ore dall'ammutinamento di Yegveny Prigozhin, leader del gruppo Wagner, sono più le zone d’ombra che quelle di luce sull'inizio, l'avanzata e lo stop della marcia dei wagneriti su Mosca.

Tanto per iniziare, secondo la stampa americana sia Washington che Vladimir Putin erano a conoscenza delle mosse dell'aspirante golpista. Oltreoceano ne erano a conoscenza da mercoledì e, per i responsabili della sicurezza nazionale degli Usa, la principale preoccupazione era diretta al destino delle armi nucleari russe in balia di una potenziale guerra civile. Per il Washington Post «almeno 24 ore prima» lo stesso Putin sarebbe stato informato dell'iniziativa del suo ormai ex braccio destro. Eppure non ha fatto ufficialmente nulla.

Ancora: nel messaggio in cui Prigozhin annunciava l'inversione a U delle sue milizie, veniva specificato che «non una goccia di sangue» era stata versata. Secondo la televisione ucraina Yuri Ignat, però, la Wagner nella sua avanzata ha abbattuto 6 elicotteri e un aereo dell'esercito russo con un numero indefinito di piloti morti. Dati che a Mosca non confermano del tutto. 

Della Wagner, invece, non si hanno notizie di perdite. La presa di Rostov è stata incruenta e i primi attacchi russi - falliti - sono giunti solo all'altezza della città di Voronezh. Sarebbero bastati un paio di bombardieri fuori dal raggio dei miliziani per incenerire la colonna. Ma nessuno si è mosso. Erano pronti anche Ramzan Kadyrov e le unità speciali cecene ai suoi ordini: tremila combattenti pronti a "schiacciare" la ribellione già a Rostov, aveva annunciato il macellaio di Grozny. Ma l'ordine di intervenire, da Mosca, non è mai partito.

La marcia dei wagneriti, guidata presumibilmente dal numero due del gruppo, Dmitry Utkin, è proseguita fino a 200 chilometri dalla capitale. Poi si è fermata, ufficialmente per attendere i rifornimenti. Era invece il tempo delle negoziazioni. 

Intanto dopo i proclami di battaglia, la ritirata e gli applausi della gente di Rostov, per Yevgeny Prigozhin e la sua Wagner è arrivato il momento del silenzio. Il Cremlino ha fatto sapere che il capo della compagnia militare, al momento scomparso, andrà in Bielorussia e lui e i suoi miliziani non saranno processati per l'ammutinamento armato. Ma a molti osservatori sembra impossibile che l'ex cuoco di Putin possa sfuggire alla vendetta del presidente.

Da San Pietroburgo intanto arriva la notizia che durante la perquisizione dell'Hotel Trezzini, ritenuto l'ufficio di Prigozhin, sono stati trovati contanti per un valore di 4 miliardi di rubli, circa 44 milioni di euro. Denaro che secondo Prigozhin doveva servire a pagare gli stipendi dei miliziani e i risarcimenti per i familiari.  

(Unioneonline/D)

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