Vladimir Putin ha sbagliato i suoi calcoli. “Non solo non aveva previsto la strenua resistenza degli ucraini, – spiega a L’Unione Sarda Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano – ma ha anche portato al ricompattamento dell’Europa che adesso, in risposta all’invasione ‘unprovoked’ voluta dalla Russia, è più decisa che mai a isolare Mosca e a raggiungere l’indipendenza strategica”.

 E sulla guerra afferma che “potrebbe durare ancora, si parla di settimane, e potrebbe essere sempre più brutale. Putin è arrabbiato, sperava che bastasse fare il bullo per ottenere tutto e subito e invece non è andata così”.

Professor Parsi, prima del 24 febbraio, giorno dell’invasione, c’erano i segnali che Putin stava facendo sul serio? 

“C’erano tutti ed erano convergenti, ma da mesi, fin dalla fine dell’anno scorso. Troppi hanno pensato che il presidente russo stesse bluffando. Erano invece minacce vere e proprie, e quando non sono bastate più è passato all’azione".

Si poteva impedire l’aggressione?

“Sì, sia sul fronte militare che sul fronte diplomatico, con una grande conferenza per la sicurezza in Europa in cui partecipasse anche Kiev e il cui possibile esito potesse essere quello di una garanzia internazionale di indipendenza e neutralità per l’Ucraina, analoga a quella ottenuta per l’Austria e la Finlandia. Non è stato fatto nulla”. 

Anche il presidente Zelensky ha a lungo dichiarato che non c’era allarme.

"Perché probabilmente anche lui era vittima, come gli europei, della quantità gigantesca e sistematica di menzogne russe, una cosa che raramente si è vista nella storia recente. Tuttora i russi sostengono di non bombardare, di non aver invaso”. 

Che tipo di guerra è quella scatenata da Putin?

“È la stessa che i russi hanno condotto in Cecenia o ad Aleppo, in Siria. Una guerra in cui si prende di mira la popolazione civile per costringere l’avversario alla disperazione. E’ una modalità barbara, condotta con metodi criminali oltre ogni limite".

C’è la possibilità che Putin venga processato e condannato come criminale di guerra?

"Sì, ma è molto bassa. È giusto che la Corte penale internazionale lo persegua e se necessario lo processi, anche in contumacia, per il reato di aggressione immotivata contro un popolo, per il modo disumano con cui sta conducendo questa guerra, per l’utilizzo di armi che sono vietate dalle convenzioni internazionali. È improbabile che succeda, ma nella storia non si può mai dire mai”.

Sarebbe comunque troppo tardi per fermarlo.

"Su questo non c’è dubbio”.

Ritiene che le sanzioni europee siano efficaci? 

“Le sanzioni hanno un’efficacia limitata sulla guerra in sé per sé, ma hanno una grande influenza sull’assetto del dopoguerra. Quando l’Europa decide che entro la fine dell’anno due terzi del gas non saranno più comprati dalla Russia e che tratterà la Russia come un Paese ostile, questo è un fatto permanente, sarà sempre così, anche se domani si smette di sparare. Le sanzioni colpiscono il Paese in maniera permanente per i crimini commessi, e resteranno tali finché in quel Paese ci sarà quella leadership. Quelle approvate finora sono senz’altro pesanti: sono appena partite e hanno già portato a ridurre di un terzo il valore del rublo. La Russia è quasi al default”.

Cos’ha sbagliato Putin?

"La sua strategia militare, è evidente. Ha predisposto un esercito per l’invasione cospicuo ma in gran parte fatto da coscritti. Ha visto fallire le sue forze speciali che dovevano compiere azioni mirate, come l’eliminazione di Zelensky. Ha sottovalutato la capacità di difesa ucraina e sta perdendo mezzi, aerei, uomini, perché non si aspettava una reazione di questo genere. Ora è costretto a un’azione molto più lunga, molto più visibile, ancor più disonorevole, e questo spiega anche la sua rabbia. Ma anche se riuscisse a vincere questa guerra, ha già perso".

Perché?

“Che lui riesca o meno a portare l’Ucraina sotto il suo tallone, avrà un Paese di partigiani. Non dimentichiamo che gli ucraini, dopo la seconda guerra mondiale, hanno continuato a resistere alle forze sovietiche per anni, nei boschi. Non solo, ha ottenuto il ricompattamento dell’Europa e del fronte con gli Stati Uniti. L’Europa ora ha la consapevolezza, e sta lavorando per questo, che ha bisogno di un’indipendenza strategica, economica, energetica e militare. Tutte cose che prima non erano una priorità. L’Ue da questa crisi ha l’opportunità di uscire molto più forte. A Versailles lo abbiamo visto. Ancora, ci sono Paesi neutrali come la Svezia e la Finlandia che vogliono entrare nella Nato: se l’azione di Putin era mirata ad avere più sicurezza per la Russia, sia pure con metodi criminali, non è riuscito a farlo. Ha commesso un crimine che non ha pagato e non pagherà”. 

Si dovrebbe concedere la no-fly zone come chiede Zelensky?

"La no-fly zone prevede che tutto quello che vola su quei cieli va tirato giù, e questo inevitabilmente porterebbe a uno scontro diretto coi russi. Non solo, potrebbe anche essere poco utile. Le città non ancora oggetto di accerchiamento, quelle della parte occidentale, vengono colpite con i missili. I missili non sono aerei, non sono semplici da buttar giù. Sarebbe forse più utile fornire delle batterie di difesa anti-missili tipo Patriot, almeno in Ucraina occidentale, come a Leopoli, dove si ammassano tanti profughi, dove ci potrebbe essere un attacco missilistico da parte dei russi nelle prossime ore”.

C’è chi dice che gli ucraini dovrebbero arrendersi per fermare la strage: cosa ne pensa?

“Un pacifismo cinico e vile. L’unica speranza che hanno gli ucraini di ottenere condizioni meno dure è battersi e continuare a battersi. Come avvenne per i finlandesi. Se la Finlandia non finì sotto il Patto di Varsavia come tutto il resto dell’Europa conquistata dai russi fu perché nel ‘39-’40 i finlandesi si batterono così fortemente che persino Stalin si fece due calcoli e si rese conto che non gli conveniva andare avanti”.

Quanto può durare ancora questa guerra?

“Direi settimane”.

C’è la possibilità che si estenda anche in Georgia e Moldavia?

“Possibile ma non probabile. Putin è già abbastanza in difficoltà così. Più gli ucraini resistono, meno può pensare di allargare la sua operazione altrove. Gli ucraini stanno combattendo anche per i georgiani, anche per i moldavi”.

Fronte energia: per evitare la dipendenza dalla Russia l’Italia diventerà più dipendente da altri Paesi?

“La diversificazione delle regioni di approvvigionamento è solo un passaggio, e l’Algeria così come il Qatar sono infinitamente meno un problema per noi della Russia. Non sono Paesi minacciosi per i nostri interessi come è invece la Russia con Putin al governo. Bisogna poi diversificare le fonti, andare più velocemente verso la transizione ecologica, in cambio di rinnovabili, ragionare sul cosiddetto nuovo nucleare. Dobbiamo liberarci degli idrocarburi, solo così saremo indipendenti da ogni ricatto”.

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