Israele scivola verso nuove elezioni, le terze in meno di un anno.

Benny Gantz, il leader centrista di Blu-Bianco che ha vinto di misura le elezioni dello scorso settembre, ha infatti rinunciato al mandato per formare il nuovo governo.

L'annuncio è arrivato con un contestuale attacco al premier Benyamin Netanyahu, autore di "un muro" invalicabile, pur avendo tentato - ha spiegato Gantz - di "rigirare ogni pietra".

Secondo Gantz, Netanyahu "conduce una campagna di odio e incitamento, il cui scopo è di giustificare che lui si abbarbichi al governo di transizione contro la volontà dell'elettore".

A segnare il fallimento del mandato di Gantz l'annuncio del leader nazionalista laico Avigdor Lieberman, che ha comunicato nella mattinata di ieri il fallimento delle trattative per un "governo unitario nazionale e liberale" con il Likud di Netanyahu e con i centristi di Gantz.

Lieberman non aveva intenzione di appoggiare nessuno dei due possibili alleati, vanificando così anche quella sorta di scappatoia perseguita da Gantz: un governo di minoranza appoggiato dall'esterno sia da Lieberman sia dai partiti arabi alla Knesset.

Israele si ritrova così in una clamorosa impasse politica. Dopo la doppia rinuncia di Netanyahu e, ora, quella di Gantz, lo stato ebraico si trova in una fase che non ha precedenti nella storia politica del paese.

Ultima sottilissima barriera - anche questa mai sperimentata - prima dell'annuncio di nuove elezioni che potrebbero svolgersi a marzo, i 21 giorni concessi dalla legge ai deputati israeliani, durante i quali ogni parlamentare della Knesset (Netanyahu e Gantz compresi) può decidere di appoggiare un collega come primo ministro. Se il prescelto ottiene 61 seggi (la metà più uno dei 120) allora è primo ministro. Solo se questo non avviene - e allo stato attuale nessuno è pronto a scommetterci - il presidente Rivlin convocherà le urne. Una realtà che tutti i partiti hanno però sempre detto di voler evitare ad ogni costo.

(Unioneonline/v.l.)
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