Si chiude un’epoca in Germania. E anche in Europa.

Il voto di domenica designerà il successore di Angela Merkel, che tra quelli attuali è la leader più longeva dell’Occidente.

Quattro mandati: più di Konrad Adenauer e come Helmut Kohl, l’uomo che la lanciò in politica.

Angela Dorothea Merkel è nata nel 1954 ad Amburgo, figlia di un pastore protestante e di una insegnante di inglese e latino. Nello stesso anno la famiglia si trasferisce da Amburgo (Germania Ovest) nel Brandeburgo (Germania Est) per motivi lavorativi riguardanti il padre, che riesce a spostarsi con relativa facilità tra le due Germanie.

Da adolescente si unisce alla Libera gioventù tedesca, organizzazione giovanile molto in voga nella DDR e volta a formare i giovani sui valori socialisti. Successivamente diventa uno dei membri dell’Agitprop (Agitazione e propaganda) della FDJ e si occupa principalmente di tematiche legate alla cultura.

Impara il russo, che parla in maniera fluente, si laurea in fisica a Lipsia e fa un dottorato in chimica quantistica. Stupirà, ma neanche tanto, il modo in cui grafici alla mano spiegherà oltre 40 anni dopo - come nessun leader politico è riuscito a fare - le curve dell’andamento della pandemia di Covid in Germania per motivare i provvedimenti di chiusura.

Sposa Ulrich Merkel, anch’egli studente di fisica, e si sposta a Berlino. Ma nell’82 divorzia, dopo aver conosciuto quello che nel 1998 diventerà il suo futuro marito, il chimico quantistico Joachim Sauer.

Si dedica alla scienza ma coltivando la sua passione politica, e partecipa attivamente alla spinta democratica che in Germania porta alla caduta del Muro di Berlino. Diventa viceportavoce di Lothar de Maizière, l’ultimo presidente del Consiglio della DDR cui viene affidato il compito di gestire un governo di transizione in vista dell’unificazione.

Helmut Kohl, il politico della riunificazione, la “adotta”. Fa di lei il ministro delle Donne nel primo governo della Germania unificata, nel ‘94 “La Ragazza” (così la chiama Kohl) diventa ministro all’Ambiente e al Nucleare.

Da quest’ultima posizione si costruisce una reputazione politica e mediatica che la portano a “uccidere” politicamente il suo mentore. “La ragazza” infatti, quando nel 1999 Kohl viene travolto da uno scandalo di fondi neri, ne prende le distanze e diventa protagonista dell’”assalto” politico che porta alla caduta di Kohl.

"La ragazza" con Helmut Kohl (Ansa)
"La ragazza" con Helmut Kohl (Ansa)
"La ragazza" con Helmut Kohl (Ansa)

Merkel assume la guida del partito nel 2000, prima donna. Nel 2005 vince le elezioni battendo il cancelliere socialdemocratico uscente Gerhard Schroeder: diventa in un solo colpo il primo cancelliere proveniente dall’Est, la prima donna cancelliere e il più giovane capo di governo tedesco.

In quattro mandati affronta di tutto: la crisi finanziaria mondiale, quella dell’euro e quella del debito greco, la pandemia di Covid. 

Attaccata per essere la più accesa sostenitrice dell’austerity Ue, è lei a battersi affinché la Grecia – seppur con una cura lacrime e sangue – non esca dall’Unione, contro gran parte dell’opinione pubblica tedesca. In pochi riescono a tenerle testa in Europa: uno di questi è Mario Draghi, che impone il quantitative easing contro la sua volontà e quella dei tedeschi.

Le mani incrociate coi pollici su, gesto simbolo della Cancelliera che significa empatia. Gli abiti sempre sobri e dei più svariati colori pastello. Il suo eloquio quasi noioso che tuttavia serve a smussare gli angoli, ad appianare le divergenze e a non mettersi contro gli elettori degli altri partiti.

Non è un caso se in Germania l’esplosione dell’ultradestra c’è stata, ma in misura molto minore di quanto avvenuto in altri Paesi. Forse perché Angela Merkel è più sovranista dei sovranisti. Nei fatti: riesce a mantenere lo scudo militare americano, coltivando al tempo stesso una politica energetica favorevole a Mosca (dal cui gas dipende) e avere rapporti commerciali ottimi con la Cina, fondamentali per Berlino. Riesce a trovare un perfetto equilibrio tra linee geopolitiche diverse, nonostante le crisi diplomatiche scatenate da Vladimir Putin e da Pechino negli ultimi anni. Ed è la guida dell’Unione europea: anche quando, sotto la spinta degli Stati del Sud e della crisi causata dalla pandemia, finisce la politica di austerity, è lei a decidere lo strumento con cui aiutare gli Stati, il Recovery Plan.

Putin la accoglie con un mazzo di fiori (Ansa)
Putin la accoglie con un mazzo di fiori (Ansa)
Putin la accoglie con un mazzo di fiori (Ansa)

Una donna che non ha paura di ammettere gli errori e di chiedere scusa: lo ha fatto sull’Afghanistan e sul clima recentemente. E lo ha fatto anche in piena pandemia, si ricorda la sua marcia indietro sul superlockdown annunciato per Pasqua 2021: "E' un errore che deve essere chiamato come tale e bisogna correggere in tempo, chiedo perdono ai cittadini che hanno bisogno di certezze", ha detto annunciandone l’annullamento.

Per dieci anni consecutivi la rivista Forbes l’ha considerata “la donna più potente al mondo”.

E lei, a differenza di Adenauer e Kohl, lascia in piedi. I due predecessori longevi quasi o quanto lei, infatti, sono stati costretti a lasciare per via di scandali e sotto la spinta dell’opinione pubblica. Lascia in piedi, potendo organizzare la successione e fare campagna elettorale per Armin Laschet. Forse non vincerà, ma è anche fisiologico che dopo 16 anni il popolo tedesco decida di cambiare.

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