«Pur con il massimo rispetto per chi ha svolto le indagini, non potrò non respingere con la massima fermezza alcune affermazioni contenute nell'informativa della GdF di Oristano e che suonano come accuse non solo contro di me, ma anche contro il Papa e i suoi collaboratori, quali sono i Capi Dicastero».

Così il cardinale Angelo Becciu in una lunga dichiarazione spontanea oggi nella 45esima udienza del processo in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e dopo che, dal colonnello Pasquale Pellecchia della Gdf di Oristano, sono stati forniti stralci delle carte personali del defunto mons. Sergio Pintor, ex vescovo di Ozieri, raccolte in una "Nota informativa riservata" in cui denunciava "pesanti ingerenze" della Santa Sede sulla gestione della diocesi.

«Non si tratta di semplici carte qualsiasi - ha detto Becciu -, ma di riflessioni personali del Presule su fatti attinenti al suo governo episcopale in Ozieri e nei quali, tra le altre, vengono coinvolte alte personalità ecclesiastiche della Curia Romana. Di fronte all'esibizione di dette carte mi sia consentito di esprimere incredulità e sofferenza».

Secondo Becciu tali carte dovevano rimanere segrete nell'archivio della Curia diocesana e «mi spiace far notare - ha affermato - che la nipote del vescovo che ha consegnato questi documenti alla guardia di finanza è venuta meno al proprio dovere di cristiana. Quelle carte non erano di sua proprietà, ma della Chiesa e ha fatto ingiuria allo zio perché qui si rischia oltretutto di danneggiarne la memoria con la sfilata dei testimoni che non si esimeranno dal narrare, ahimè, ove necessario, anche fatti spiacevoli avvenuti durante il suo governo».

Becciu ha contestato che le dimissioni di monsignor Pintor al compimento dei 75 anni di età, tutt'altro che «un fatto inusuale», «sarebbero state il frutto di manovre da parte di una coalizione di persone quali il sottoscritto, il card. Piacenza, allora Prefetto della Congregazione del Clero, il Card. Bertone, allora Segretario di Stato, il Prefetto della Congregazione dei Vescovi e il Nunzio Apostolico in Italia dell'epoca».

«Un punto va subito chiarito perché altrimenti si commette un grave errore ricostruttivo - ha proseguito -: chi decide sulla vita di un Vescovo è il Papa: è lui che nomina, è lui che trasferisce ed è lui che decide in merito alle dimissioni dopo aver valutato tutte le circostanze; è solo il Papa e nessun altro! Dire che per le dimissioni di Mons. Pintor vi sia stato un confluire di forze manipolatrici nei confronti del Santo Padre è affermazione grave».

«Se Mons. Pintor si è lasciato andare a considerazioni negative è da capire umanamente per il momento di sconforto e delusione che avrà vissuto, ma non è accettabile che altri le utilizzino per accreditare tesi mai eccentriche», ha aggiunto.

Il cardinale ha quindi smentito ulteriori punti dell'informativa dei Finanzieri in cui «affiorano gravi affermazioni con le quali si sottolinea che 'Diocesi e Caritas venivano gestite a livello familiare, come una propaggine della famiglia Becciu'». «Contesto nel modo più assoluto che io abbia mai interferito nel governo della diocesi», ha dichiarato, ricordando «che sono andato via da Ozieri nel 1980 e dal 1984 ho prestato il mio servizio nella Chiesa presso varie Nunziature in diversi Paesi del mondo, quindi assai lontano dalla mia diocesi e preso da altri gravosi impegni. Sono rientrato a Roma nel 2011, chiamato da Papa Benedetto per l'incarico di Sostituto della Segreteria di Stato». Anche in tale veste, «mai mi sono interessato del governo della diocesi e mai ho interferito sulle decisioni dei vescovi». «Potrò chiamare a testimonianza i due vescovi viventi e chiedere loro se mai mi sono intromesso nelle loro decisioni o nelle loro iniziative - ha continuato Becciu -. Con lo stesso mons. Pintor, fin dal suo arrivo ad Ozieri, nel 2006, ho creato un rapporto di amicizia e di stima reciproca che si manifestava in maniera concreta quando venivo in vacanze in Sardegna. Stesso atteggiamento ho tenuto da Sostituto, egli mi ha sempre ben ricevuto e anche onorato pubblicamente». «Devo tuttavia ammettere una cosa che mi pesa raccontare - ha aggiunto -. I rapporti con Mons. Pintor si incrinarono a partire dell'ottobre del 2011, quindi 5 anni dopo il suo ingresso. Fu per un motivo futile legato ad una segnalazione che mi fece e a cui non diedi corso spiegando al Vescovo le ragioni. Non dettaglio ulteriormente per non arrecare del male all'interessato». «Purtroppo da quel momento il Confratello cadde vittima del suo temperamento rancoroso e a farne le spese non fui io, ma mio fratello, Tonino, e gli altri responsabili della Caritas diocesana - ha concluso -. Mi vennero riferiti una serie di episodi dai quali emergeva un atteggiamento di avversione totale nei loro confronti».

(Unioneonline/v.l.)

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