I talebani, vent’anni dopo l’intervento di Usa e alleati in seguito all’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001, tornano a riprendersi il controllo del martoriato Afghanistan. 

Ma chi sono i talebani? E perché, dopo essere stati messi ai margini, sono riusciti a riprendersi il controllo delle principali città afghane?

Con il termine talebani si indica tradizionalmente gli studenti islamici delle scuole coraniche del gruppo etnico-linguistico Pashtun, presente nell’area tra Afghanistan e Pakistan. 

Ma dagli anni Novanta, dopo la guerra civile afghana e con la caduta del governo filo-sovietico di Kabul, i talebani, usciti vincitori dal conflitto, rafforzarono la loro presenza armata militante, assumendo progressivamente il controllo del Paese, imponendo il ritorno all’Islam più radicale e perseguendo gli ideali del cosiddetto panislamismo, finalizzato all’istituzione di un grande emirato in grado di unire i fedeli musulmani. 

Prima delll’11 settembre 2001 destarono indignazione in Occidente le notizie sulla segregazione cui erano costrette le donne dal fondamentalismo e anche la distruzione di palazzi e simboli millenari di altre culture, come le imponenti statue dei Buddah di Bamiyan, risalenti a oltre 1.500 anni fa. 

Poi, dopo l’11 settembre, le indagini dell’intelligence Usa portarono Washington ad accusare il regime talebano e i loro leader, tra cui il mullah Omar, di connivenza con gli attentatori di Al Qeada. Tra Afghanistan e Pakistan si nascondeva inoltre la mente della strage alle Twin Tower, Osama Bin Laden, assieme ai suoi fedelissimi.

Di qui la decisione di intervenire militarmente, per spodestare il regime e dare la caccia a Bin Laden (poi rintracciato e ucciso nel 2011) e agli altri esponenti di spicco di quello che venne presto bollato come “gruppo terroristico”. Alla missione internazionale si aggregarono nel tempo molti Paesi occidentali, tra cui l’Italia. 

In questi 20 anni le truppe alleate sono riuscite a prendere il controllo di tutte le principali città, restituite a un governo filo-occidentale, con sede a Kabul. 

Ma la resistenza talebana non si è mai fiaccata, anzi: i gruppi talebani hanno costantemente messo a segno una lunghissima serie di attacchi e attentati, ai danni dei militari stranieri, con migliaia di vittime, tra cui 53 soldati italiani, alcuni originari della Sardegna, come Matteo Mureddu, parà della Folgore originario di Solarussa; il sassarese Mauro Gigli, l’algherese Gianmarco Manca e il caporalmaggiore di Samugheo Luca Sanna.

Nel febbraio 2020, a Doha, è stato stipulato un accordo per il definitivo cessate il fuoco tra governo Usa e leader talebani. Quindi, sotto l’amministrazione Trump, con conferma anche da parte del successore Joe Biden, è arrivato l’annuncio del definitivo ritiro dei soldati americani dallo scenario afghano, seguito da quello di tutti gli altri Paesi dell’orbita Nato, Italia compresa. 

Il disimpegno delle truppe internazionali avrebbe dovuto essere completato entro – data simbolica – il prossimo 11 settembre. 

Ma appena il grosso dei soldati occidentali ha abbandonato il Paese è iniziata l’avanzata dei militanti talebani, che in poche settimane hanno ripreso il controllo delle grandi città, praticamente senza opposizione, arrivando fino a Kabul, a dimostrazione della fragilità delle istituzioni e soprattutto dell’esercito e delle forze di polizia del governo filo-occidentale, per anni assistiti e formati dai militari Usa e Nato, nella - flebile – speranza di una definitiva pacificazione. 

(Unioneonline/l.f.)

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