Maxi condanna per due sacerdoti, di cui uno italiano, riconosciuti colpevoli in Argentina di gravi e ripetuti abusi sessuali su bambini e minori sordi o ipoacusici, in due sedi dell'Istituto Provolo, a Mendoza e a La Plata.

La pena più severa, 45 anni di carcere, è toccata al prete argentino Horacio Corbacho, di 59 anni, accusato di 16 atti di violenza su ospiti dell'Istituto di età variabile fra i quattro ed i 17 anni. Di poco inferiore invece, 42 anni di reclusione, la condanna inflitta a padre Nicola Corradi, 83 anni, attualmente agli arresti domiciliari, per provata responsabilità in sei episodi di violenza.

Insieme a loro è finito in carcere, con una condanna a 18 anni, anche il giardiniere dell'Istituto, Armando Gómez, di 57 anni.

Nella sentenza il tribunale ha sottolineato che la pesantezza della pena inflitta è dovuta anche all'aggravante del fatto che gli imputati rivestivano il ruolo "di ministro di culto ed erano incaricati di vegliare su minori di 18 anni di età".

Le prime indagini sull'accaduto nell'Istituto Provolo, che ha sedi anche nel Veneto, in Argentina ed in altre nazioni del mondo, sono cominciate nel 2014 con denunce nei confronti di don Corradi, inviate anche a papa Francesco. L'iter giudiziario argentino è invece partito nel 2016.

Il dibattimento finale in tribunale ha preso il via il 5 agosto scorso e si è protratto per 49 giorni a porte chiuse, trattandosi di argomenti sensibili e riguardanti la privacy degli accusatori e degli accusati.

Gli ex alunni dell'Istituto Provolo, una decina, hanno testimoniato, anche con il supporto di assistenti sociali. Le dichiarazioni raccolte hanno così dato conto di una lunga serie di vessazioni, maltrattamenti e violenze, anche di gruppo.

Le testimonianze sono state considerate "coerenti e verosimili" da psicologi e psichiatri che durante il processo sono stati sentiti dal tribunale.

Il clamore per questa vicenda si unisce in Argentina a quello delle accuse di abuso nei confronti di almeno due seminaristi, rivolte all'ex vescovo di Oran, Gustavo Zanchetta, considerato vicino a papa Francesco, e richiamato in Vaticano quando la vicenda è divenuta di pubblico dominio.

(Unioneonline/v.l.)
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