«Non ricoverare un paziente solo perché è positivo al tampone è inammissibile. Mostra disorganizzazione e anacronismo, perché dice che non si è dinamicamente votati a quella che è la situazione odierna».

Professore, i pazienti non potevano essere assistiti nella terapia intensiva del San Martino perché questo è un ospedale non Covid. D’altra parte, nelle strutture Covid della Sardegna pare non ci fossero posti disponibili...

«Senta, non esiste che oggi un ospedale possa classificarsi non Covid. Con la circolazione del virus che c’è in questo momento in Italia, classificarsi non Covid vuol dire classificarsi non ospedale».

Però è questa la suddivisione che viene fatta.

«Ma è sbagliata, lo dico da tempo».

Lo ripete da un po’, il professor Matteo Bassetti. «Chi entra in ospedale per un altro problema che non sia il Covid, ma ha un tampone positivo senza però aver alcun sintomo, dovrebbe essere considerato alla pari di tutti gli altri malati. Va isolato, chiaramente, ma non può essere considerato come patologia Covid e messo nel bollettino quotidiano».

In punto di bollettino, le parole del direttore della Clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova avallano la linea delle Regioni che premono sul governo perché cambi le regole sulle soglie di rischio e sul passaggio di colore. Ma, al di là di una possibile rivalutazione dei criteri di compilazione dei report sull’andamento dell’epidemia, è incredibile che il chiacchiericcio sul tema offuschi alla fin fine il vero problema: gli ospedali sono di nuovo occupati militarmente dai casi Covid (perlopiù non vaccinati) e cominciano a non esserci i posti letto per i pazienti con altre patologie, positivi al tampone ma asintomatici.

«Insomma, oggi abbiamo una prevalenza (cioè il numero di attuali positivi, ndr) intorno al 5,10% della popolazione italiana. Vuol dire che il 5,10% di quelli che vanno in ospedale possono avere un tampone positivo e per questo devono avere un percorso di cura e di assistenza. Non è che possiamo dire no, non ti metto il gesso, oppure non ti opero, perché sei infetto anche se asintomatico. A questo punto il tampone positivo è uno stigma».

Covid e non Covid: la rete ospedaliera è divisa in questo modo dall’inizio della pandemia. Perché dice che si deve cambiare?

«Perché è la situazione odierna che lo richiede. Ripeto, con la circolazione del virus che abbiamo oggi in Italia, dire che non ricoveri qualcuno perché è positivo al tampone dimostra solo disorganizzazione e anacronismo».

Sta dicendo che nel suo ospedale un caso come quello di Oristano non sarebbe successo?

«Una cosa del genere non sarebbe mai successa. Non può succedere perché il paziente che entra e ha il tampone positivo ed è asintomatico farà un percorso che certamente è quello del Covid, ma dovrà essere curato per la sua patologia di base. Se, per esempio, ha problemi di cuore andrà in cardiologia e in qualche modo verrà curato in un’area di quel reparto ritagliata per il Covid. Ripeto, è solo un problema di organizzazione».

Il problema si presenta quando nella rete Covid non ci sono posti letto.

«Se non ci sono bisogna che si creino, perché oggi un paziente positivo al tampone che ha un’altra malattia dev’essere considerato necessariamente non Covid per quanto riguarda l’assistenza. Certo, lo devi mettere in una stanza separata dagli altri, ma lo devi assistere esattamente come tutti gli altri. Basta organizzarsi».

La Società italiana di anestesia e terapia intensiva avvisa il Ministero: subito nuove linee guida per poter operare pazienti positivi o sarà il caos.

«È quello che dico da tempo. Chi entra in ospedale con tampone positivo, ed è asintomatico e vaccinato, deve essere classificato all’interno dell’ospedale come uno che va isolato ma non può essere considerato malato Covid. Il Ministero deve cambiare questa classificazione perché se si continua così rivedremo tanti casi come quello di Oristano».

L’emergenza si sta ripresentando: ormai sono tanti gli interventi rinviati.

«Inammissibile. Un paziente colonizzato dal virus deve poter essere operato esattamente come un paziente negativo. All’interno dell’ospedale devono ovviamente esserci percorsi dedicati per operare, sottoporre a ingessatura, o far partorire una donna, ma è quello che dobbiamo fare in questa fase di convivenza col virus».

Perché?

«Perché in futuro pazienti con tampone positivo ce ne saranno sempre di più, anche quando avremo meno polmoniti da Covid. Credo che il governo debba fare qualcosa e rapidamente. Più passa il tempo e più accadranno certe tragedie».

Piera Serusi

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