Cinque sedute da uno terapeuta che non sono servite e superare il disagio interiore che viveva Filippo Turetta. Da fine settembre il giovane in carcere per l’omicidio di Giulia Cecchettin si era rivolto a uno psicologo, pare su sollecitazione della stessa Giulia e dei familiari. Lui stesso aveva chiamato il Cup dell’Usl 6 di Padova per prenotare i colloqui. L’ultimo era previsto per il 17 novembre, quando Turetta, dopo aver ucciso Giulia, era già latitante e aveva la polizia di mezza Europa alle calcagna.

Nei colloqui con il terapeuta Filippo avrebbe parlato in particolare dei problemi nel suo rapporto con Giulia e delle difficoltà nei suoi studi universitari.

Nel frattempo escono altre conferme sul pensiero “tossico” che guidava Filippo nelle ultime fasi del rapporto con l'ex fidanzata. Nei messaggi che inviava prima della scomparsa di Giulia, Turetta faceva continua pressione sulla sorella di lei, Elena, perché la convincesse a rispondergli al telefono. «Ciao scusa, puoi far accendere il telefono alla Giulia e farglielo lasciare acceso?». E quando Elena rispondeva con un secco «no», aggiungeva: «Perché?! Non è giusto, non può non cagarmi per tutte queste ore. Mi aveva promesso ieri che mi scriveva durante la giornata... Dille almeno che le ho scritto». Ancora Elena: «Filippo dalle un attimo di respiro». E lui: «Di respiro da cosa, mi aveva promesso che mi mandava qualche video e foto della giornata, scusa. Grazie».

Turetta è rinchiuso nella sezione infermeria del carcere veronese di Montorio, controllato per prevenire il rischio di gesti autolesionistici. La Procura di Venezia non prevede per ora nuovi interrogatori. La perizia psichiatrica - se verrà chiesta al gup, o nel corso del dibattimento - è un'arma che la difesa valuterà più avanti. Potrebbe chiedere al giudice una perizia per stabilire lo stato mentale dell'imputato al momento della commissione del fatto. Questo per comprendere se il reato sia stato condizionato o meno da una condizione psicopatologica, o una seppur parziale incapacità di intendere e di volere nel momento del fatto. Cosa che potrebbe aprire la strada alle attenuanti, per evitare la pena massima dell'ergastolo.

(Unioneonline/L)

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