Un anno dopo il raid di Macerata, Luca Traini dice di essersi "pentito" e "non da oggi".

"Qui dentro si capiscono molte cose, guardando gli altri e parlando con loro".

Era il 3 febbraio del 2018 quando Traini, 28 anni, esce di casa con una pistola, carico di odio e di voglia di vendetta per la morte di Pamela Mastropietro, avvenuta pochi giorni prima.

Non puntava a uccidere i veri colpevoli, ma chiunque avesse la pelle nera come i presunti responsabili del decesso della 19enne romana, uccisa e fatta a pezzi in un'abitazione della cittadina marchigiana. Sparò a nove persone innocenti, ne ferì sei.

Pamela Mastropietro (Archivio L'Unione Sarda)
Pamela Mastropietro (Archivio L'Unione Sarda)
Pamela Mastropietro (Archivio L'Unione Sarda)

"Tutta la mia ideologia politica - ha spiegato in un'intervista a Repubblica - Dio, patria, famiglia, onore, ha pesato in quel mix esplosivo. La tragedia di Pamela ha fatto da innesco, e ha incendiato tutto. Quel giorno ero e volevo essere il vendicatore".

"Non ho sentito le urla, non ho visto niente. Ero come in trance", ha detto ancora. "Per me gli spacciatori avevano ucciso Pamela, e gli spacciatori erano loro, i negri. Li chiamavo cosi. Oggi li chiamo neri".

"Poi, in questi mesi passati in carcere, ho lentamente capito che gli spacciatori sono bianchi, neri, italiani e stranieri. La pelle non conta. Qui dentro si capiscono molte cose".

Traini è stato condannato a 12 anni di carcere per il reato di strage.

(Unioneonline/D)
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