Martina Rossi “sfuggiva a uno stupro”: condannati a tre anni i due imputati
La sentenza d’appello: “Lei non ha fatto niente e ha perso la vita”, è il commento del padre
Martina Rossi cadde dal sesto piano dell’hotel Santa Ana di Cala Mayor, a Maiorca, perché stava tentando di sfuggire a un tentativo di stupro.
Lo ha ribadito la corte d’appello di Firenze, che ha condannato a tre anni di carcere Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, imputati nel processo bis di secondo grado sul caso della morte della 20enne, risalente al 2011.
I due imputati sono stati condannati per tentata violenza sessuale di gruppo. Dichiarato prescritto il reato di morte in conseguenza di altro reato. La pena inflitta agli imputati è quella richiesta nella requisitoria del pg Luigi Bocciolini.
LE TAPPE – In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato Albertoni e Vanneschi a 6 anni per tentata violenza sessuale e morte in conseguenza di altro reato. In appello, il 9 giugno 2020, i due furono assolti, poi la Cassazione ha accolto il ricorso della Procura disponendo un nuovo appello.
Per la Suprema Corte i giudici dell'appello avrebbero commesso, tra l'altro, un "macroscopico errore visivo" nell'individuazione del punto di caduta. Un errore che avrebbe indotto la corte a credere che Martina avesse scavalcato il parapetto dal centro del balcone, forse con l'intento di togliersi la vita.
IL PADRE DI MARTINA – “Dicono che il sole vada ai belli ma oggi è andato anche ai giusti. Questa è la fine di un tentativo di fare del nuovo male a Martina. Ci hanno provato ma non ci sono riusciti. Il mio primo pensiero è andato a lei, ai suoi valori, a lei che non ha fatto niente e ha perso la vita”. Questo il commento del padre Bruno Rossi, proprio mentre dopo la lettura della sentenza è tornato il sole su Firenze in seguito a una mattinata di pioggia e cielo plumbeo.
I due imputati "hanno avuto tre anni di prigione per aver fatto male a Martina. Occorre rivedere il rapporto fra giustizia e pena", ha anche detto Bruno Rossi, inoltre "le donne devono essere più tutelate". Per il padre di Martina "in questi processi chi ci rimette sono sempre i poveri. Se non fossimo stati economicamente all'altezza, non avremmo potuto fare un processo lungo 10 anni". (Unioneonline/L)