Duecentocinquanta in piazza a Roma, per difendere i diritti di 1500 in Italia e undici in Sardegna: tutti Operatori socio sanitari, per la stragrande maggioranza donne,  reclutati dalla protezione civile per lavorare nelle carceri durante il periodo più duro della pandemia, che dal 31 dicembre rischiano di rimanere senza lavoro. 

«Dimenticati, come se niente fosse, nonostante promesse e circolari ministeriali sulla nostra stabilizzazione». A parlare è Sabrina Puddu, che questa mattina era  in piazza Santi Apostoli con i colleghi. Fanno parte dell’Unità socio sanitaria Covid che era stata creata per contrastare il virus all’interno dei penitenziari. 

"Scendiamo in piazza perché, nonostante le promesse dei vari ministeri prevedessero di rendere il nostro impiego in pianta stabile, così come previsto nella nota del ministero della Giustizia di marzo, vidimata dal capo dipartimento di Protezione Civile e dal ministero della Salute”, si legge in una nota, “e nonostante tutte le varie interrogazioni parlamentari delle forze politiche ad oggi governanti fatte quando si trovavano  all’opposizione, sembrano essersi dimenticati della nostra esistenza”. 

«Siamo preoccupati», spiega Puddu da Roma, «la data della scadenza dei nostri contratti si avvicina e non abbiamo ricevuto alcun segnale». Speravano di averne oggi, durante la manifestazione: «Ci avevano assicurato un incontro», aggiunge la Oss sarda, partita con una decina di colleghe, «ma non si è fatto vivo nessuno. Siamo 1500 in tutta Italia, la nostra voce deve essere ascoltata. Quando servivamo, abbiamo lavorato in contesti difficili. Ora a suon di proroghe abbiamo superato i 18 mesi di lavoro, ma siccome il contratto è con la Protezione civile non significa che verremo automaticamente stabilizzati». Anche se «c’è la circolare di un ministro. Chiediamo che venga rispettata». 

(Unioneonline/E.Fr.)

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