Non c'è niente da festeggiare. Sì, la svolta sul caso di Stefano Cucchi è benvenuta. Ma Luigi Manconi evita ogni tono trionfalistico, e riflette semmai sulle storture del sistema giudiziario che da nove anni nascondono la verità sul giovane morto dopo un arresto per droga.

L'ex senatore del Pd, da tempo in campo per la difesa dei diritti civili (compresi quelli dei carcerati), è sempre stato tra i più vicini alla sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, e ai genitori: "Ma non si può certo dire - confida - che siano rasserenati".

Li ha sentiti, dopo la testimonianza del carabiniere che ha accusato i suoi due colleghi?

"Sì, li ho sentiti e ovviamente sono soddisfatti. Ma lei si immagini lo stato d'animo della madre, Rita: una donna di oltre 70 anni che, per avere un po' di sollievo, deve sentire la descrizione minuziosa delle torture inflitte al figlio".

Lei invece come ha reagito alla notizia?

"Provo almeno due sensazioni differenti. Se ragiono lucidamente, il primo pensiero è di gratitudine".

Verso chi?

"Verso i familiari di Stefano. Con la loro determinazione hanno reso un grande contributo alla democrazia italiana: perché hanno dimostrato che non siamo in un regime dispotico e autoritario, in cui i corpi dello Stato godono di impunità, ma in un sistema che, sia pure a prezzo di fatiche inenarrabili, consente di ottenere giustizia".

E il secondo pensiero?

"Beh, che nove anni per arrivare a questo punto sono davvero troppi. Non si può parlare solo di tre carabinieri coinvolti: vari dirigenti dell'Arma hanno permesso tutto questo. In simili vicende l'aspetto più inquietante è che scatta sempre un meccanismo omertoso. Senza il sussulto di onestà di un carabiniere, la storia di Cucchi sarebbe finita nell'oblio".

Stavolta sta andando diversamente solo per la tenacia della sorella di Stefano Cucchi?

"No, non solo. Anche in altri casi ci sono state famiglie che hanno saputo tenere alta l'attenzione".

E allora qual è la particolarità di questa vicenda?

"Io attribuisco grande importanza al fatto che siano cambiati i responsabili della Procura di Roma. Sono stati decisivi per riaprire il caso e portare al processo bis, senza accontentarsi della verità, condizionata dai depistaggi, del primo processo".

Quello contro la polizia penitenziaria.

"Esatto. E lì io ravviso una grave responsabilità dei pm. Almeno uno di loro, nel corso del dibattimento, ebbe la non geniale idea di mettere in qualche modo sotto accusa Stefano. Per i suoi precedenti penali, per lo stile di vita, per il modo di fare. Non abbiamo assistito solo a un'indagine malaccorta, che ha portato a una giusta assoluzione dei primi imputati, ma a quel meccanismo che io chiamo della doppia morte".

A che cosa si riferisce?

"Al fatto che, dopo la morte, la vittima subisce anche una terribile diffamazione. E questo, se lei ci fa caso, è un'aberrazione che si ripete in tutte le circostanze di questo tipo. Pensi per esempio alle vicende di Aldrovandi e Uva".

In questi giorni si registra anche la condanna (in primo grado) di un carabiniere per lo stupro di Firenze. Secondo lei c'è un problema nelle nostre forze dell'ordine?

"Secondo me il problema vero è una sorta di complesso della politica nei confronti delle forze dell'ordine. Nel senso che la politica non è abbastanza sicura nel portare avanti un processo radicale di democratizzazione dei nostri corpi di polizia".

Che cosa si dovrebbe fare, a suo giudizio?

"Il nodo è la formazione. Bisogna educare le giovani leve a una reale cultura democratica. Aiutarle a capire che il cittadino con cui ha a che fare un carabiniere, un poliziotto, un finanziere, non è un nemico. Temo invece che troppo spesso il primo atteggiamento sia di sospetto".

Che cosa pensa dell'invito al Viminale rivolto dal ministro Salvini alla famiglia Cucchi?

"Io sono al servizio dei familiari e qualsiasi cosa decideranno loro su questo, per me sarà giusto. E comunque sono del tutto d'accordo con ciò che ha detto Ilaria".

Cioè che prima il ministro deve chiedere scusa per quel che ha detto in passato?

"Precisamente".

Lei è d'accordo con chi denuncia rischi di autoritarismo, in Italia?

"Non penso che ci sia un reale processo autoritario in atto. Temo però che possano essere adottate misure lesive dei diritti e delle garanzie dell'individuo, ed è un pericolo serio".

Vale anche per il tema dell'immigrazione?

"Senza dubbio. I diritti, per loro natura, sono indivisibili: se vengono violati quelli di un gruppo, per quanto sia il più lontano da me, sono in pericolo anche i miei. La democrazia è qualcosa che ha bisogno di grande cura, e io di questo mi preoccupo".

Giuseppe Meloni

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