Il periodo di convivenza prematrimoniale avrà un peso nell'assegno di divorzio.

Il verdetto arriva dalla Corte di Cassazione che per la prima volta stabilisce che nel conteggio del mantenimento debba rientrare anche la vita trascorsa assieme prima delle nozze.

Con la sentenza 35385 depositata ieri, le Sezioni Unite si sono pronunciate stabilendo che per la quantificazione dell'assegno si deve tener conto anche della convivenza quando ha «i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune».

Soprattutto «si devono considerare sacrifici e rinunce lavorative o professionali compiute nel periodo precedente al matrimonio dal coniuge economicamente più debole». In particolare, i giudici si sono pronunciati sul ricorso di una donna che lamentava il mancato conteggio di sette anni di convivenza prematrimoniale, dal 1996 al 2003, durante il quale era nato anche il figlio della coppia.

Secondo la Corte d'appello di Bologna, che ha ridotto l'assegno stabilito in primo grado, la donna aveva lasciato il lavoro già tempo prima delle nozze e aveva rinunciato a lavorare «per l'agiatezza che proveniva dalla sua famiglia d'origine, non per essersi dedicata interamente alla cura del marito e del figlio». Quindi quella scelta non poteva essere presa in considerazione perché «gli obblighi nascono dal matrimonio».

La Corte ha preso, dunque, in considerazione il periodo di durata legale del matrimonio, dal novembre 2003 al 2010 e non i sette anni precedenti durante i quali la coppia aveva vissuto insieme ed era nato anche il loro figlio. Di diverso avviso la Cassazione secondo cui «la convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume che è sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento - nei dati statistici e nella percezione delle persone - dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali».

(Unioneonline/l.f.)

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