Pubblichiamo la testimonianza di un giovane che ha affrontato quello che chiama "il mostro", riuscendo a vincere la battaglia anche e soprattutto grazie al personale sanitario di un ospedale di Mondovì, provincia di Cuneo. Medici, infermieri e OSS si sono mostrati umanamente vicini al paziente nelle tre settimane di ricovero, e con competenza l'hanno tirato fuori. Questo è anche un messaggio di speranza per chi si trova ancora ad affrontare il difficile percorso dei malati di coronavirus.

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"Sono un ex positivo al Covid-19, ricoverato per 21 giorni all’ospedale “Regina Montis Regalis “ di Mondovì (Cuneo).

Quest’ospedale è una nuova e bella realtà in una cittadina con un comprensorio che parte dalle Langhe e arriva fino alle Alpi Marittime.

Purtroppo, prima di questa infernale epidemia, era quasi luogo comune considerare la sanità italiana come non efficiente, distratta e altri aggettivi poco riconoscenti.

Penso che abbiamo invece molte eccellenze a livello perlomeno europeo e soprattutto un personale medico che pur se sottoposto a tagli e sfruttamenti veri e propri (12 ore di turno consecutive, taglio personale, taglio scandaloso di risorse economiche etc..) è sempre riuscito a garantirci tutti i servizi per guarirci e poter riabbracciare i nostri cari.

Io mi sono ammalato di Covid-19 a inizio marzo e ho passata una settimana a casa con febbre alta che non scendeva col solito paracetamolo e soprattutto con una capacità di saturazione sempre più bassa. Alla fine di questi 7 giorni, dopo la telefonata al 112, sono stato portato al DEA dell’ ospedale di Mondovì.

Arrivato, mi hanno accompagnato in un reparto adibito alla ricezione di presunti malati di Covid-19, e fin da questo primissimo momento ho apprezzato la grande gentilezza da parte degli operatori e subito dopo la gran professionalità supportata da una grande vocazione.

Diagnosticata col tampone la mia positività al “mostro”, mi portano nel reparto di Medicina, anch’esso adibito al ricovero dei positivi.

Confesso che dopo essere stato informato della positività compare un senso di impotenza terribile, si spera soprattutto di non aver infettato i propri familiari e si pensa alla propria vita in mano ad un virus che può farne ciò vuole in qualunque momento. Forse sono anche queste sensazioni a tolgliere il fiato.

Arrivato in reparto sono stato subito circondato da dottori e infermieri bardati come astronauti, di cui si riusciva a vedere solo gli occhi, che mi hanno calmato, spiegato la situazione e immediatamente sottoposto a tutti i controlli del caso.

La cosa che mi ha colpito e che ho apprezzato è che non avevano fretta, ma mi ascoltavano e spiegavano con calma e competenza mai viste prima; da qui ho capito di essere in mano a persone straordinarie.

Durante tutto il periodo di degenza sono stato sempre seguito con un’attenzione incredibile da dottori, infermieri e OSS dandomi la sensazione di essere l’unico paziente che avevano da seguire, ed è una sensazione che aiuta moltissimo a sollevare il morale più di un medicinale.

Durante la degenza si è creato anche quasi un rapporto di amicizia con medici infermieri e OSS e quindi, quando li si ringrazia per il loro lavoro ti parlano di come gestiscono le loro famiglie (un’infermiera dorme in macchina per paura di infettare suo figlio e sua madre), della paura che hanno di diventare positivi, delle difficoltà a lavorare con più strati di protezione che, anche se di carta, dopo 6 ore diventano carichi enormi e le mascherine dopo tante ore ti tolgono il fiato; ti accorgi così che oltre che veri “eroi” della situazione sono esseri umani con un cuore infinito.

Oltre i vari pregi che si possono e devono attribuire allo staff medico di questo reparto che mi ha seguito, voglio anche dire che tutto l’ospedale è gestito da amministratori che, oltre ai pazienti, hanno a cuore anche la sicurezza del personale rifornendoli di tutti i dispositivi di sicurezza individuali sostituiti tutti i giorni; purtroppo non possono fare di più perché dipende dalle sfere molto più in alto.

Alcuni giorni dopo il mio rientro a casa ho avuto necessità di avere informazioni sui postumi della malattia, ho provato a chiamare i medici che mi avevano curato e con la loro calma e competenza mi hanno spiegato perfettamente tutto e mi hanno chiesto addirittura di tenerli informati.

Ho voluto testimoniare questa mia “avventura” per farci ricredere su ciò che magari pensavamo prima degli ospedali italiani, e portare a conoscenza delle eccezionali realtà che si occupano delle nostra salute.

Lettera firmata - Cuneo
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