Sono passati 13 anni e la morte di Pasqualina Labarbuta non ha ancora un colpevole. Nulla si sa di chi, impugnando una pattadese, l’ha accoltellata su una panchina di Milano, in un giardinetto tra via Mario Borsa e via Visconti. Lina, come era soprannominata, aveva tre figli e quel pomeriggio stava probabilmente prendendo il sole prima di essere ammazzata da un uomo intravisto da una testimone che poi è fuggito senza lasciare tracce. Un solo fendente, dritto al cuore. Un giallo irrisolto che pochi aiuti ha avuto dall’autopsia e dalle indagini. La donna – separata dal marito – non aveva nemici, e le persone che conosceva hanno tutte un alibi, nessuno poteva sapere inoltre che quel giorno, a quell’ora, sarebbe stata al parco.

Cosa è successo allora il 6 maggio del 2009? Lina è stata vittima di una tentata rapina finita male? O di un approccio sessuale rifiutato?

Sul coltello è stato repertato un Dna maschile: appartiene a un uomo che, secondo il genetista che l’ha esaminato, è di origine isolana, sardo o siciliano. Ma non è schedato, e dall’esame dei pregiudicati non emerge nulla di utile.

Morire in un parco, probabilmente per caso, e senza sapere il perché: Pasqualina aspetta ancora giustizia.

(Unioneonline/s.s.)

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