In Italia la fine dell'epidemia da coronavirus potrebbe arrivare ai primi di agosto, fino al 6 in particolare. A dirlo sono gli esperti del team diretto da Wangping Jia del Chinese Pla General Hospital di Pechino, secondo il quale l'allentamento delle misure a partire da ieri porta con sé il rischio di una seconda ondata di contagi.

Lo studio stima un totale di infezioni nel nostro Paese tra 116.114 e 274.378 casi.

Al momento della pubblicazione del documento, l'Italia aveva il secondo più alto numero di decessi dopo gli Stati Uniti e si collocava al terzo posto per infezioni, secondo il Coronavirus Resource Center dell'Università Johns Hopkins. Il tutto contro poco più di 1.000 casi confermati nello Hunan.

I ricercatori, per mappare la tendenza dell'epidemia, hanno utilizzato i dati del database della John Hopkins fino al 2 aprile e hanno modificato un modello matematico standard noto come modello suscettibile di infezione (Sir) per tenere conto degli effetti di diverse misure di prevenzione.

È emerso che potrebbero esserci in totale 3.369 casi - tra 840-8.013 - in Hunan, con la fine dell'epidemia già avvenuta intorno al 3 marzo. Contro le centinaia di migliaia di casi stimati in Italia e la fine prevista per l'inizio di agosto. La grande differenza sarebbe dovuta al fatto che l'Italia potrebbe non aver implementato misure di prevenzione in tempo, ipotizzano i ricercatori, poiché il modello eSir ha dimostrato che intervenire in anticipo nel caso dell'Hunan ha ridotto drasticamente i tassi di infezione.

"Dall'esperienza della Cina - spiegano gli esperti - , varie misure di controllo, tra cui la diagnosi precoce e l'isolamento di individui con sintomi, le restrizioni dei movimenti, il monitoraggio medico e gli screening in entrata o in uscita possono impedire efficacemente l'ulteriore diffusione di Covid-19".

Lo studio mostra in ogni caso diversi limiti: è probabile che il numero di persone infette in Italia e altrove sia superiore al conteggio ufficiale. Inoltre potrebbero esserci altri fattori a influenzare la stima, come ad esempio l'effetto dei "super-diffusori". Ma, comunque, Wangping Jia sostiene che lo studio chiarisca abbondantemente un punto: "Vogliamo sottolineare che un intervento governativo precoce può ridurre notevolmente il numero di casi infetti, come evidenzia il confronto dei trend dell'epidemia in Hunan e in Italia".

(Unioneonline/s.s.)
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