Eseguivano tamponi per il Covid a domicilio, e davano sempre risultato negativo. Erano test finti e rubati in ospedale.

Un'infermiera di Civitavecchia di 35 anni e il suo compagno 50enne sono accusati di concorso in falsità materiale, sostituzione di persona ed esercizio arbitrario di professione medica. I referti, intestati allo Spallanzani, erano alterati grazie a un pc.

Almeno 30 le persone truffate. I tamponi, fatti a pagamento, erano veri, sottratti all'ospedale, ma gli esiti erano falsi.

E si potrebbe anche aggravare la posizione degli sciacalli del coronavirus. Infatti, dei 30 esiti negativi del tutto inventati, uno dei soggetti truffati era invece positivo al SarsCov2, dunque ha contagiato altre persone dopo essere stato rassicurato dal falso esito negativo del test.

Tutto nasce quando lui sottopone a tampone alcuni dipendenti di una ditta di pulizie. Tutti negativi, ovviamente, ma una donna si insospettisce quando, leggendo il referto, legge una postilla secondo la quale non è esclusa la positività Quindi contatta lo Spallanzani (gli esiti sono su carta intestata all'ospedale, ma lì del suo test non sanno niente e negano di aver svolto quegli esami.

Di qui parte l'inchiesta. Secondo gli investigatori l'infermiera ha rubato gli stich per i tamponi nel reparto di ortopedia dell'ospedale San Paolo in cui lavorava. Il compagno invece effettuava i test a domicilio, stampando i referti dal suo pc.

A casa della coppia i Nas hanno recuperato gli stick dei tamponi, lacci emostatici, garze e medicinali di vario tipo.

(Unioneonline/L)
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