«Emanuela Orlandi il 22 giugno 1983, alle ore 20, è già a Civitavecchia, dove dal molo turistico viene messa a bordo di un'imbarcazione e portata in Sardegna, ed esattamente fino alla darsena di Santa Teresa di Gallura. Questo luogo fu scelto di proposito perché in quello stretto si incrociavano i segnali radio dei radiofari italiani e francesi. Questo permetteva, a causa delle tecnologie obsolete dell’epoca, di non essere tracciati, poiché un radar creava interferenze all’altro».

È la rivelazione, pubblicata dal Corriere della Sera, sulla giovane cittadina vaticana scomparsa nel nulla 40 anni fa, a Roma. 

L’Isola però sarebbe stata solo una prima tappa, perché la pista sulla ragazza porta infatti a Londra.

«Di questa traccia e di altro – scrive il quotidiano milanese - parla Pietro Orlandi al programma DiMartedì su La7, ma da qualche settimana sta circolando anche un altro documento "riservatissimo", pervenuto al Corriere, che descrive i presunti spostamenti della quindicenne, fin dalla sera della scomparsa».

Questo documento, scrive Fabrizio Peronaci, giornalista che da anni si occupa di uno dei più grandi misteri della storia italiana, «sembra mescolare fatti veri a circostanze non verificate e si ricollega al documento reso noto nel 2017, bollato come falso, contenente la (presunta) nota-spese da 483 milioni di lire stanziati dal Vaticano per tenere in vita Emanuela. La firma è: "un servitore della Repubblica"».

«Seguendo le informazioni in mio possesso - prosegue l'estensore del documento - posso affermare con estrema certezza che Emanuela è transitata dalla Sardegna, verso l’estero. Per questo tipo di strategia, tecnica e messa in opera, furono utilizzati agenti dormienti della sezione Gladio o SB, che con le loro conoscenze sia a livello tecnico-operativo che a livello di territorio hanno garantito un passaggio sicuro in una zona comunque attenzionata».

E ancora: «Fino al 2000 Emanuela Orlandi potrebbe essere stata ospite in Inghilterra “sotto protezione“ di una fondazione ecclesiastica... Il potrebbe è d'obbligo, perché rintracciarlo ufficialmente diventa complicato: secondo la giurisprudenza britannica infatti certe fondazioni non sono obbligate a comunicare informazioni su benefattori o associati...».

In merito al dossier, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, dice ai microfoni di Di Martedì, su La 7: «Ciò che c’è scritto in quel documento è vero, ne sono abbastanza convinto. Non è opera di mitomani. Quando fu bollato come falso, io ho continuato le mie indagini e sono entrato in possesso di documenti in cui ci sono riscontri che mi dicono che quanto c’è scritto in quei fogli è vero. Alcune persone, in contatto con personalità della Chiesa Anglicana, mi hanno detto delle cose in relazione alla presenza di Emanuela a Londra».

Chi ci sia dietro al rapimento e perché la giovane è stata rapita, dopo 40 anni, resta ancora un mistero. 

(Unioneonline/l.f.)

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