Diciotto anni dietro le sbarre.

È quanto ha chiesto il pm Giovanni Musarò per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, due dei carabinieri della Stazione Roma Appia accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Stefano Cucchi.

Per l'imputato-testimone Francesco Tedesco, il rappresentante dell'accusa ha sollecitato una sentenza d'assoluzione con la formula "per non aver commesso il fatto".

Resta la condanna a tre anni e mezzo di reclusione per l'accusa di falso.

Il pm ha chiesto inoltre di condannare a 8 anni di reclusione il maresciallo Roberto Mandolini (all'epoca dei fatti comandante interinale della Stazione Appia) per l'accusa di falso, mentre il non doversi procedere per prescrizione dall'accusa di calunnia è stata sollecitata per il carabiniere Vincenzo Nicolardi, Tedesco e Mandolini.

"Non chiediamo pene esemplari, ma giuste", ha detto Musarò al termine della requisitoria nell'aula bunker di Rebibbia. "Nella vicenda Cucchi - ha aggiunto - i depistaggi hanno toccato picchi da film dell'orrore. La responsabilità è stata scientificamente indirizzata verso tre agenti della Polizia Penitenziaria. Ma il depistaggio ha riguardato anche un ministro della Repubblica (il riferimento è all'allora ministro della Giustizia Angelino Alfano, ndr) che è andato in Senato e ha dichiarato il falso davanti a tutto il Paese".

"Questo processo ci riavvicina allo Stato - ha commentato la sorella di Cucchi, Ilaria -. Riavvicina i cittadini e lo Stato. Io non avrei mai creduto di trovarmi in un'aula di giustizia e respirare un'aria così diversa. Sembra qualcosa di così tanto scontato eppure non è così. Se ci fossero magistrati come il dottor Musarò non ci sarebbe bisogno di cosiddetti eroi o della sorella della vittima che sacrifica dieci anni della sua vita per portare avanti sulle sue spalle quella che è diventata la battaglia della vita".

(Unioneonline/D)
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