In Italia i casi Covid tornano a correre. I numeri, come segnala l’ultimo monitoraggio della Fondazione Gimbe, mostrano che nelle ultime tre settimane i contagi settimanali sono quasi raddoppiati (+94,3%), mentre crescono i ricoveri in area medica (+58,1%). I decessi registrati in un mese arrivano a quota 881, quasi raddoppiati rispetto a novembre e tutti a carico di over 80.

Dopo circa un mese di stabilità per i nuovi casi settimanali, da circa 21 giorni si rileva la progressiva ripresa della circolazione virale. Infatti dalla settimana 2-8 novembre a quella 23-29 novembre il numero dei nuovi casi settimanali è aumentato da 26.855 a 52.175 (+94,3%), il tasso di positività dei tamponi dal 13,6% al 18,8%, l'incidenza settimanale da 46 casi per 100mila abitanti ha raggiunto 89 casi per 100 mila abitanti. Ma – come afferma Nino Cartabellotta, presidente Gimbe – «rispetto all'effettiva circolazione virale il numero dei contagi è largamente sottostimato». Nella settimana 23-29 novembre l'incidenza dei nuovi casi oscilla da 1 caso per 100 mila abitanti della Sicilia a 183 del Veneto. Rispetto alla settimana precedente i nuovi casi aumentano in 15 Regioni: dal +3,7% del Veneto al +43,4% della Sardegna. In calo le restanti 6 Regioni.

Secondo quanto rilevato dalla Fondazione, in questo momento tutte le varianti circolanti appartengono alla famiglia Omicron. In Italia è ora prevalente (52,1%) la variante EG.5 (cd. Eris) e si rileva, analogamente a quanto segnalato da altri paesi, un aumento (dall'1,3% al 10,8%) della variante BA.2.86 (cd. Pirola). Come spiega il presidente Gimbe, «secondo i report dell'Oms relativi ai profili di rischio delle due varianti, Eris e Pirola hanno una moderata capacità evasiva alla risposta immunitaria, da vaccinazione o infezione, naturale, che ne favorisce la rapida diffusione. Per nessuna delle due varianti ci sono evidenze sul maggior rischio di malattia grave». E l'incidenza del virus aumenta a seconda dell’età della popolazione: da 16 casi per 100 mila abitanti nella fascia 10-19 anni a 177 per 100 mila abitanti nella fascia 80-89 anni, fino a 221 per 100 mila abitanti negli over 90. Una distribuzione, spiega Cartabellotta, che «riflette la maggiore attitudine al testing con l'aumentare dell'età, confermando la sottostima della circolazione virale».

(Unioneonline/v.f.)

© Riproduzione riservata