Sono passati quasi 90 anni ma il caso dello "smemorato di Collegno" non ha mai smesso di far discutere. Ora c'è una novità nella vicenda nata nel 1926, quando un uomo, portato in ospedale, aveva dichiarato di non sapere nulla del proprio passato, non ricordava il suo nome, e nessuno dei suoi familiari: un esame del Dna, svelato ieri sera alla trasmissione "Chi l'ha visto?", non ha confermato che lo smemorato fosse Giulio Canella, colui che invece una donna ha sempre affermato essere suo marito, disperso in guerra e improvvisamente ricomparso. Deve quindi trattarsi di Mario Bruneri, un tipografo torinese.

Per chiarire il giallo, però, bisogna cominciare dall'inizio. E' il 6 febbraio 1927 e su La Domenica del Corriere viene pubblicata la foto di un uomo ricoverato al manicomio Reale di Collegno da quasi un anno: era stato arrestato dopo essere stato sorpreso a rubare; urlava, minacciava il suicidio. Lo sconosciuto ha circa 45 anni e porta la barba; è affetto da amnesia, non sa quale sia la sua identità. Nell'istituto mantiene un comportamento esemplare, e i medici nei vari colloqui capiscono che si tratta di una persona istruita. Una donna, Giulia Concetta Canella, legge quell'annuncio e riconosce suo marito, disperso durante la guerra. Chiede quindi di vederlo, e il permesso le viene accordato il 27 febbraio dello stesso anno. Tra i due ci saranno diversi colloqui, e lo smemorato sembra ricordare di avere una moglie e dei figli. Viene quindi dimesso ai primi di marzo e va a vivere con la donna a Verona.

Passano pochi giorni e il Regio Questore di Torino riceve una lettera anonima, in cui si sostiene che lo smemorato non è Giulio Canella, ma Mario Bruneri, un tipografo torinese di 41 anni. Bruneri è un anarchico, un vagabondo, ed è ricercato in seguito ad alcune condanne per truffa e lesioni. E' già stato in carcere ed esiste quindi un intero fascicolo su di lui. Il questore, allora, dispone l'arresto. Lo smemorato viene portato in questura per l'identificazione: viene messo davanti a Rosa Negro, moglie del tipografo, la quale esclama: "E' proprio mio marito!"; anche il figlio Giuseppino, 14enne, che da 6 anni non vedeva il padre, dà lo stesso responso. Uguale risultato con le sorelle dell'uomo, Maria e Matilda, e con il fratello Felice. Lo smemorato sviene. Come se non bastasse, a riconoscerlo è anche la sua amante. Viene invece evitato il confronto con la madre, già malata di cuore.

Vengono allora prelevate le impronte digitali per confrontarle con quelle del pregiudicato Mario Bruneri (sulla scheda di quest'ultimo, comunque, non compaiono foto segnaletiche, quindi non è possibile fare un'ulteriore verifica con i tratti somatici): la polizia conferma: lo smemorato è Mario Bruneri, latitante. Lo smemorato, con la sua nuova identità, viene quindi arrestato per scontare la pena residua di due anni. Giulia Canella, però, comincia una battaglia legale opponendosi a quel riconoscimento, fino a quando il 23 dicembre 1927 l'uomo viene scarcerato perché secondo il giudice non è stata raggiunta la prova della sua identificazione come Mario Bruneri. Ma Rosa Negro - moglie del tipografo Bruneri - e il fratello Felice ricorrono in tribunale. L'ultima sentenza di un lungo iter giudiziario è quella della Corte di Cassazione, arrivata nel 1931: lo smemorato è Mario Bruneri e deve scontare la pena residua in carcere. Terminato questo periodo, la coppia si trasferisce in Brasile, dove l'uomo muore nel 1941.

Si arriva così ai giorni nostri, quando la prova scientifica del Dna - effettuata comparando il profilo genetico di Julio, nipote certo di Canella, con quello del fratello Camillo, figlio dello smemorato nato dopo la fine della guerra - non conferma che quell'uomo fosse Giulio Canella e quindi, per esclusione, deve trattarsi di Mario Bruneri
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