Ezio Bigotti, imprenditore piemontese e presidente del gruppo STI e Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero Eni, sono finiti agli arresti domiciliari.

I provvedimenti sono stati eseguiti dai finanzieri del Comando provinciale di Messina.

I due sono accusati di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Si tratta di un procedimento legato all'inchiesta della Procura di Messina, guidata da Maurizio de Lucia, sul cosiddetto "Sistema Siracusa" che, nel mese di febbraio dell'anno scorso, ha portato all'arresto di 13 persone componenti di un ''comitato di affari'' capace di condizionare il buon andamento della gestione della giustizia nella provincia aretusea e che, successivamente, sulla base delle dichiarazioni rese dai principali indagati (i legali Piero Amarae Giuseppe Calafiore) ha portato a diversi ed importanti sviluppi investigativi.

L'inchiesta a carico di Bigotti ha ricostruito una serie di illeciti che sarebbero stati commessi dai due avvocati con la complicità dell'ex pm Longo e di alcuni consulenti della Procura di Siracusa nominati dal magistrato per favorire l'imprenditore piemontese nell'ambito degli accertamenti che venivano svolti su imprese a lui riconducibili dalle Procure di Torino, Roma e Siracusa.

Bigotti sarebbe stato "aiutato" anche in sede tributaria all'esito della richiesta di voluntary disclosure avanzata da una società del suo gruppo in relazione ad accertamenti dell'Agenzia delle Entrate.

L'inchiesta avrebbe fatto emergere pure una complessa operazione giudiziaria pianificata dall'avvocato Amara, e realizzatasi grazie alla complicità di Longo, finalizzata ad ostacolare un'indagine svolta dalla Procura di Milano nei confronti degli ex vertici dell'Eni.

La Guardia di finanza ha eseguito perquisizioni nei confronti degli indagati nelle province di Roma, Milano e Torino.

(Unioneonline/s.a.)
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