Si sono conclusi a Roma i funerali di Michela Murgia. Roberto Saviano assieme ad alcuni componenti della famiglia ha portato a spalla la bara della scrittrice sarda al termine delle esequie celebrate nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, la chiesa degli Artisti in piazza del Popolo a Roma. L’arrivo del feretro è stato accolto da cinque minuti di applausi, e con un lunghissimo applauso è stata salutata anche la sua uscita, con la piazza che ha intonato a lungo “Bella Ciao”.

L’autrice di Accabadora non ha voluto fiori: solo composizioni vegetali, con mirto, carciofi, peperoncini, limone, secondo le sue volontà. Per questo - spiegano dal suo entourage - è stata rimandata indietro una corona inviata dal Comune. 

A celebrare la funzione don Walter Insero, professore associato alla Pontificia università gregoriana e Cappellano presso la Rai dal 2004, che ha tenuto anche i funerali di Gina Lollobrigida, Gigi Proietti, Andrea Purgatori, Maurizio Costanzo e Fabrizio Frizzi.

«Lei è nell'oltre – ha detto nell’omelia – la sua anima è in viaggio verso il Padre, non verso il nulla. Ha fatto tante battaglie e ha conservato le fede. Ci ha lasciato questa testimonianza: è possibile amare nel dolore, salutare tutti e riconciliarsi con tutti». In apertura della cerimonia un messaggio per la scrittrice del Cardinal Zuppi: «Il libro della sua vita non è finito, le sue pagine continuano a essere scritte con lettere d'amore. Lei lo ha scritto con passione».

Commovente il discorso dell’amico Roberto Saviano: «Sono le parole più difficili della mia vita – ha esordito -. Michela voleva che questa giornata fosse per tutti, per lei la condivisione era il senso di tutto. Le sue scelte possono essere sintetizzate in ‘non essere soli, non lasciare soli’. Lei ha protetto tutti fino alla fine, anche negli ultimi momenti dolorosissimi».

Ancora, ha proseguito lo scrittore: «Lei è stata abile a non far sentire il dolore delle sue scelte di lotta, ci siamo conosciuti e uniti non per quello che abbiamo fatto, ma per quello che ci hanno fatto. In questo Paese è stato possibile considerare una scrittrice, intellettuale e attivista come una nemica politica».

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«Michela – ha aggiunto – mi è stata accanto nei processi che mi hanno riguardato, c’era sempre per me e io voglio darle tutta la mia gratitudine. Quelli che hanno fatto davvero del male a Michela sono quelli che avevano un piede qui e un piede lì, quelli che stavano a metà per convenienza. Sono loro ad aver reso la sua vita difficilissima. Michela sceglieva, perché il silenzio di fronte all'orrore l'avrebbe resa infelice. Scegliere è l'unica cosa che la faceva sentire in asse con sé stessa».

La scrittrice di Cabras è morta giovedì sera per un carcinoma. Aveva 51 anni. Cattolica e teologa, ha sempre testimoniato apertamente la sua fede. Un credo fuori dagli schemi, inclusivo, e a tratti anche divisivo. Ma il suo testamento è stato preciso: un funerale in chiesa. Aveva anche salutato Papa Francesco nella Cappella Sistina, lo scorso 23 giugno, nell'incontro tra il Pontefice e duecento artisti.  

(Unioneonline/D) 

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