Una Sardegna più produttiva e meno ancorata alle logiche del turismo stagionale e balneare. Questo in sintesi l’obiettivo del lavoro sviluppato dal professor Raffaele Paci e dal project manager del Crenos Andrea Zara nel volume “Patrimonio nuragico e sviluppo della Sardegna: cultura, identità e turismo”, presentato oggi nella sede della Fondazione di Sardegna a Cagliari, nell’ambito di quella che è la documentazione e  dell’iter di richiesta di riconoscimento della Civiltà Nuragica nel patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO.

Un traguardo da raggiungere soprattutto per provare a dare una svolta diversa all’Isola e al suo sviluppo economico, ancora oggi troppo legato alle zone costiere e che, nonostante attualmente non arrivi ancora al fenomeno dell’overtourism, stenta a decollare fuori stagione e lontano dal mare. «Noi sardi siamo convinti di avere un patrimonio nuragico senza pari al mondo e siamo convinti di essere famosi ovunque  per questo. Ma se ci interrogassimo su quale sia la ricaduta economica di questo patrimonio sulla vita dei sardi, sfortunatamente saremmo probabilmente vicini allo zero»: sono le parole di Pierpaolo Vargiu, presidente dell’associazione la Sardegna verso l’Unesco, che ha voluto spiegare il motivo di questo percorso e la ratio che ha spinto anche tutti i comuni dell’Isola a voler appoggiare il progetto. C’è stata forse negli anni una narrazione errata di quello che è il patrimonio nuragico sardo, un racconto che non è riuscito a dare il giusto merito e valore a un tesoro unico al mondo. «Questo progetto serve anche ad acquisire consapevolezza nell’avere qualcosa da raccontare e riuscire a sapere come farlo» — ha dichiarato ancora Vargiu.

E i dati effettivamente ci restituiscono una storia diversa rispetto a quella che abbiamo nell’immaginario collettivo sardo. I turisti arrivano, e arrivano copiosi (i numeri degli arrivi continuano a salire anno dopo anno), ma spesso la loro conoscenza dell’Isola è legata a pochi e consolidati aspetti: «I nuraghi sono soprattutto nell’interno della Sardegna e questo può essere davvero un volano di crescita. Passeranno alcuni anni prima che l’istanza Unesco venga accolta, ma non è questo l’importante. Ciò che conta è che ora stiamo finalmente pensando a un cambiamento di prodotto da offrire, al di là dei soliti sole e mare» — ha dichiarato infatti il professore Paci, presentando il lavoro di ricerca presentato oggi. Un cambiamento che è stato l’oggetto della ricerca stessa del Crenos, per valutare i vantaggi economici e l’impatto sociale su una promozione turistica diversificata rispetto all’attuale. Trentadue sono stati i beni entrati nella Tentative List italiana (primo passo per il riconoscimento Unesco), nonostante tra questi solo 22 sono ad oggi fruibili dal pubblico, con un numero di circa 450 mila visitatori all’anno, 150 addetti e ricavi per 7 milioni di euro. «È la civiltà nuragica in sé che rappresenta un’opportunità di sviluppo, non lo può essere solo la certificazione Unesco» — ha dichiarato infatti Andrea Zara — «Serve un re-branding della Sardegna come destinazione Sardegna, operando un riposizionamento nel mercato turistico, attraverso lo sviluppo di un’immagine più variegata e uno sviluppo della destinazione poli-prodotto e non più chiusa solo su alcuni e soliti asset». La risorsa nuragica va dunque  visto sotto un aspetto multiplo, che deve avere ben chiari i rapporti e i legami intrinseci con le altre filiere presenti per migliorare l’approccio al mercato e contemporaneamente creare un prodotto turistico integrato con i territori.

Ed è per questo che il tema Unesco è figlio di uno sforzo comune, fatto da tanti soggetti che hanno voluto contribuire a questo viaggio verso la costruzione di una nuova idea stessa di Sardegna. Insieme all’associazione “La Sardegna verso l’Unesco”, al Crenos e ai comuni sardi, l’iter verso la certificazione ha visto impegnati numerosi partner quali i Dipartimenti di Archeologia delle Università di Cagliari e di Sassari, il Dipartimento di Ingegneria Civile Ambiente e Architettura dell’Università di Cagliari, il CRS4, le Soprintendenze Archeologia belle arti e paesaggio, la Fondazione Links, la Fondazione di Sardegna, la Regione Sardegna e le Società di gestione dei monumenti candidati.

«Questo lavoro congiunto rimane per noi un punto di riferimento, soprattutto per la programmazione» — ha detto nei saluti Giuseppe Meloni, vice presidente della Regione e assessore alla Programmazione e bilancio — «A oggi sono oltre 34 milioni di euro quelli che il Consiglio Regionale ha riconosciuto per la strategicità di questo progetto. Al di là del risultato, che comunque pensiamo sarà positivo, crediamo che tutto questo lavoro serva per capire che in Sardegna c’è bisogno di fare rete, fare strategia e guardare lontano, anche attraverso l'accessibilità ai vari siti. Per il rilancio dell’isola e del suo patrimonio e per quella cultura che diventa identità e risorsa turistica». Sugli stessi toni anche l’assessora Pubblica Istruzione e Beni Culturali, Ilaria Portas: «La Regione ha scelto di sposare questo progetto, perché il nostro patrimonio ha un valore culturale fortissimo, ma anche identitario, che diventa poi anche un ottimo attrattore turistico. Il percorso della Regione nell’ambito della valorizzazione dei beni culturali è già iniziato con un segnale forte durante la legislatura di Paci e Pigliaru, quando si fece un intervento globale di 8 milioni di euro su oltre 60 siti. Ma il nostro patrimonio è talmente vasto che ci vorrebbero ancora più risorse e forze: questa candidatura dimostra che i passi iniziati dal 2017 in poi hanno creato una maggiore consapevolezza. Bisogna puntare però anche sulle nuove generazioni e sui nuovi strumenti digitali per rendere fruibile a tutti questo patrimonio. E ci dobbiamo credere tutti un po’ di più».

Una prospettiva che disegna una visione comune di un territorio, come quello sardo, che deve andare avanti in maniera unitaria, ognuno con le proprie singolarità, ma con la medesima visione sistemica e unitaria, in grado di integrare l’archeologia con l’ambiente, il paesaggio, le tradizioni e l’identità storica e culturale dell’Isola, finalizzata alla creazione intorno alla risorsa millenaria di un prodotto turistico di matrice culturale.

 

 

 

 

 

 

 

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