L’ultima frontiera per tentare di “imbambolare” i sardi è il turismo eolico. Scrivere che quelle “affettatrici” di vento servono solo per intascare milioni e milioni di euro di incentivi di Stato sarebbe stato troppo spudorato. E, infatti, non lo hanno scritto. Mai un cenno a quanto guadagneranno da quella nuova giungla di pale eoliche che senza pudore e vergogna vorrebbero piazzare nel proscenio de S’Ortu Mannu, monumento naturale, “ridotto”, secondo i signori del vento, ad un inutile orpello di qualche ettaro di ulivi. La fantasia di chi progetta queste invasioni eoliche è una fabbrica d’effimero senza risparmio. La partita non è solo quella di piazzarne un’infinità, ma anche quella di convincere tutti della bontà di questa occupazione-esproprio calata in terra di Sardegna con troppi silenzi e molte complicità.

Chi la spara più grossa

La sfida è a chi la spara più grossa. Nel Sulcis, con la fantasia incantatrice, non ci sono andati leggeri. La multinazionale norvegese “Fred. Olsen Renewables”, che lo skyline tra Villamassargia e Narcao lo vorrebbe aggredire con nove grattacieli d’acciaio alti 206 metri, ha sicuramente sfondato il primato dell’inesplorato. I signori venuti dai fiordi, convinti da chissà chi, sono certi che in questa terra di miniere e storia, pastorizia e agricoltura, stiano tutti aspettando il “messia” con tanto di fantasie turistiche. L’enfasi che dedicano al paragrafo del “Turismo Eolico” potrebbe sembrare surreale se non fosse che quelle pagine sono depositate al Ministero dell’Ambiente nel progetto “Energia Is Coris”.

Bandiera norvegese

A dire il vero i norvegesi in questi crinali sono arrivati prima di tutti, quasi avessero avuto sentore dell’esigenza di cambiare fronte d’attacco visto che tra Bitti e Cuglieri, Sanluri e Barumini, la corsa al vento di Sardegna aveva raggiunto l’effetto sovrapposizione, nel senso che le pale le stavano progettando una sopra l’altra. Per questo motivo, con la logica di individuare aree vergini da aggredire, i cercatori di vento venuti da Oslo hanno deciso di progettare una “corona” di pale eoliche proprio sul principale proscenio dell’Iglesiente, come se la conformazione orografica di quel territorio fosse un vero e proprio anfiteatro naturale, dal quale “ammirare” lo scempio di quegli aerogeneratori.

Settanta piani d’acciaio

Non semplicemente pale eoliche, ma grattacieli d’acciaio alti settanta piani conficcati sui crinali di quei monti, seicento metri sul livello del mare e altri 200 di “ventilatore” pagato dagli incentivi di Stato. Un proscenio scansionato in lungo e in largo con tanto di mappe archeologiche, naturalistiche e culturali. Nonostante tutto, però, le pale eoliche lì, ben 9, una per ogni vetta, a ridosso de S’Ortu Mannu, le vogliono conficcare ad ogni costo. Quando sono arrivati nel Sulcis i norvegesi hanno persino dimenticato le buone maniere.

Scarpe fuori

A casa loro, per entrare, sono da sempre abituati a lasciare le scarpe fuori dalla porta. In Sardegna, invece, a Villamassargia e Narcao, Iglesiente e Basso Sulcis, sono entrati sfondando la porta a calci, usando le scarpe ferrate, quelle che lasciano il segno. Non ne hanno parlato con nessuno, hanno preso cartina e penna, hanno dato uno sguardo all’atlante del vento e hanno posizionato quelle pale ciclopiche nel bel mezzo dell’anfiteatro ambientale della terra delle miniere. Il risultato è rappresentato con “rendering” digitali, fotosimulazioni. I grattacieli d’acciaio si vedono da qualsiasi angolazione.

Fabbrica di illusioni

Loro, però, i norvegesi, non si perdono d’animo e pur di vendere la loro fabbrica di vento e incentivi milionari provano a fare quello che si fa nelle terre povere nel mondo, comprare terreni e vendere illusioni. Lo fanno senza alcuna remora, come se l’anello al naso fosse di casa in Sardegna.

Vacanze eoliche

Raccontano nel progetto depositato al Ministero: «La vicinanza del parco eolico con il Cammino minerario di Santa Barbara, offre l'opportunità di progettare e realizzare una ulteriore tappa del percorso escursionistico che si snoderebbe all'interno del parco eolico. Il percorso escursionistico ipotizzato potrebbe attivare anche un circolo virtuoso di sfruttamento e riappropriazione di questi territori da parte delle comunità locali, dandogli modo ed occasione di usufruire di aree ad oggi inutilizzate e non godute; attivazione di un potenziale turistico rilevante». Le argomentazioni “turistiche” sono una costante, tutte legate ai “vantaggi” che ne avrebbero i sardi. Tutti a Villamassargia e dintorni attendevano il “circolo virtuoso” di norvegese memoria per riappropriarsi di aree inutilizzate e non godute. Insomma, per godersele, è necessario, secondo questi signori, infilzarle di pale eoliche da 206 metri d’altezza, facendo diventare quei territori un’attrattiva turistica. Un’idea di valorizzazione territoriale certamente originale, ma destituita di ogni credibilità. Insomma, una barzelletta in salsa norvegese.

Baraccone di vento

Loro, però, nonostante il turismo del vento appaia ai più come una sparata da baraccone delle illusioni, ci credono e rilanciano: «È ormai noto che in tutta Europa si stia divulgando una nuova forma di turismo in cui proprio queste opere di alta ingegneria si stanno rivelando moderni elementi attrattivi che permettono la fruizione di luoghi esterni ai più comuni circuiti turistici». Insomma, i turisti del nord Europa, dopo essersi dissanguati per venire in Sardegna, secondo questi “illuminati” propugnatori di turismo alternativo, anziché andare a visitare la grande civiltà nuragica, i Giganti di Mont’e Prama, la Reggia di Barumini o quella di Santu Antine, piuttosto che Su Gorroppu nel Gennargentu o il Pozzo Sacro di Santa Cristina, si mettono in marcia tra i crinali dell’Isola per “accarezzare” da vicino le “bellissime” ed “emozionanti” pale eoliche, le stesse che devastano paesaggio e ambiente.

“Regalo” per le biciclette

Il piano presentato al Ministero sembra un festival del turismo eolico con un regalo “spropositato” ai fruitori del “parco” la ricarica elettrica gratuita delle biciclette. Sembrerebbe uno scherzo, ma non lo è. Loro i norvegesi lo mettono nero su bianco: «La realizzazione e manutenzione della viabilità a servizio del parco renderebbe l'area fruibile dalle comunità locali e dai turisti. La rete viaria principale potrebbe dare accesso ad una rete secondaria di sentieri da esplorare, a piedi, in bicicletta o a cavallo. Si potrebbe installare una stazione di ricarica per le bici elettriche dedicata e gratuita”.

Biada & benzina

Insomma, di tutto e di più, con l’unico regalo “elettrico” che ne avrebbe la Sardegna, l’energia elettrica gratis per le biciclette. La sfida “lanciata” dai norvegesi non è stata raccolta dai petrolieri della Saras. Sarebbe sembrato eccessivo proporre un po' di biada per i cavalli, o un buono-benzina per i trattori che seminano “vento”. Loro, i Moratti, si sà vanno per il concreto. Nel loro piano d’azione spiegano la strategia con il tatto dei cercatori di petrolio nella terra promessa e l’audacia di chi sa individuare subito il contraente. Per infilzare le cinque gigantesche pale nel cuore delle montagne tra Villamassargia e Basso Sulcis le azioni pianificate sono scandite in tre mosse.

Missione «privati»

La prima è quella più eloquente: «coinvolgere nel progetto il numero maggiore di cittadini privati». Certo, ognuno può dare a questa affermazione anche il valore “democratico” del massimo coinvolgimento dei cittadini, ma c’è anche chi si è fatto un’altra idea, magari pensando ai denari da elargire ai proprietari di terreni pronti ad aprire le porte di casa propria a “Sua Altezza” la Saras. Certo, come primo punto, i Moratti, non si sono posti il problema di coinvolgere Comuni e comunità locali, ma hanno preferito puntare direttamente «al maggior numero di cittadini privati», come se il paesaggio, l’ambiente, la natura, la devastazione ambientale fosse un bene privato e non, invece, collettivo, e come tale non cedibile, non aggredibile, non mercificabile.

Potenza per guadagnare

Il secondo punto della strategia petrolifera per la ricerca del vento è una di quelle affermazioni studiate all’accademia del “dire una cosa per farne un’altra”. L’obiettivo è, in questo caso, tutto tecnologico: «utilizzare le tecnologie di ultima generazione che si adattano al meglio alle esigenze del sito scelto». In realtà questa previsione ne cela una meno esplicitabile, quella di utilizzare le tecnologie più avanzate non certo per le esigenze del sito, ma quelle del portafoglio. Lo sanno anche i norvegesi, figuriamoci i macinatori seriali di contributi pubblici, dal Cip6 all’essenzialità della Sarlux: più le pale sono potenti e più girano i contatori degli incentivi di Stato.

Sfregio a S’Ortu Mannu

Il terzo comandamento della Saras in terra di ulivi è suggerito da qualcuno che conosce la sensibilità del territorio. Scrivono i progettisti dei petrolieri: «Porre estrema attenzione a S’Ortu Mannu, sito identitario per il Comune di Villamassargia, contenendo l’impatto visivo da questo luogo». È il verbo “contenere” che non lascia via di scampo alla verità: quelle pale eoliche devastano S’Ortu Mannu. Basta vedere la foto-simulazione della prima pala del progetto Saras nel territorio di “Astia” per capire che quel grattacielo di duecento metri d’acciaio si staglia proprio a ridosso de “Sa Reina”, l’ulivo più antico del parco. Loro, però, i signori della Saras, si rivolgono «al maggior numero di cittadini privati», dimenticandosi che quel paesaggio è di tutti, non di pochi “fortunati” venditori di un patrimonio collettivo.

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