Si cammina sulle rocce più antiche d'Italia, quasi sospesi tra cielo, terra e mare, su un panorama che spazia da Carloforte a capo pecora.

Davanti agli occhi una meraviglia geologica che attira appassionati da tutta Europa: sono quelle formazioni rocciose della costa di Nebida (frazione mineraria di Iglesias, oggi borgata di frontiera) color vinaccia, che disegnano il paesaggio e che raccontano la storia dell'Isola, la sua nascita centinaia di milioni di anni fa, ben prima delle Alpi e degli Appennini.

Eppure non c'è neppure un cartello a segnalare, a spiegare questo grandioso spettacolo della natura che affascina i visitatori, nonostante i milioni di euro spesi, spesso sprecati, per recuperare miniere e fabbricati che poi vengono abbandonati o restano chiusi.

Come il gioiello di Porto Flavia. A proposito: quando riaprirà?

Nonostante ciò c'è chi si prende cura dell'ambiente, tenendo viva la memoria dell'epopea mineraria e offrendo ai turisti percorsi di grande fascino.

Come il sentiero dei Cinque faraglioni, un tour spettacolare da Funtanamare a Masua, a picco sul mare, che tocca la laveria La Marmora, antiche gallerie, con vista sugli scogli a pochi metri dalla costa, l'ultimo, il più grande e il più famoso, è il Pan di zucchero, Sa Conca de su terranu, come lo chiamano i pescatori.

Un piccolo miracolo che si deve all'associazione Verde Azzurro e alla coop sociale Santa Margherita di Nebida: organizzano escursioni, passeggiate notturne, si occupano dei turisti offrendo servizi e accoglienza.

In una terra di frontiera dove sono nate le più antiche rocce d'Italia.
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