Su Fogu ‘e Sant’Antoni, a Esterzili si ripete il rito intorno al fuoco
Sabato alle 18 la benedizione di don Alfredo Diaz, con tre giri attorno al falòPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Quando il fuoco scotta sotto il cielo scuro di gennaio, a Esterzili non è solo un atto di purificazione, ma una promessa di rinascita. Sabato sera, il paese si riunirà attorno a “Su fogu ‘e Sant’Antoni”, il falò che arde in onore di Sant’Antonio Abate. Un rito che affonda le radici in un passato lontano, dove il sacro e il profano non si separano, ma si fondono in un’unica danza che sfida il tempo e la memoria collettiva.
Il paese barbaricino è così pronto a esplodere in un incendio di luci e voci: gli organizzatori preparano la legna che, come dono di apertura, viene lasciata dagli esterzilesi davanti a ogni casa. Non sono semplici rami, ma simboli di una tradizione che persiste. Poi, il comitato – quest’anno rappresentato dalla classe del 1975 – raccoglierà la legna e la porterà in piazza, dove la comunità si raccoglierà attorno al grande falò che sarà, per tutta la notte, protagonista a Gecas.
C’è anche un altro fuoco che scorre, invisibile ma tangibile: quello che brucia nel cuore di ogni esterzilese, che si mescola al calore del vino rosso, alla carne di cinghiale e della pecora, al pane cotto in casa e ai dolci sardi, offerti come gesto di condivisione. Questo è un fuoco che purifica, che connette il mondo sacro e quello terreno, dove la benedizione di don Alfredo Diaz alle 18 – che in processione compie tre giri attorno alla catasta – non è solo una tradizione, ma un sigillo che santifica il presente.
In quel fuoco non bruciano solo rami e paglia, ma anni di sacrifici, di fatiche condivise, di memorie tramandate da una generazione all’altra. “Sant’Antoni ‘e su fogu” è un rito che, per un attimo, fa sparire le distanze, mescolando l’umano e il divino, il passato e il presente, il sacro e il profano, in un abbraccio che dura fino all’ultima scintilla.