«Illa mitai di la 'ita und'eu sighia

micc(i)' agattesi 'n una silva scura

chi lu caminu drittu faddhut'aia».

È l’inizio della Divina Commedia, tradotta in gallurese. L’impresa è di un pensionato di 77 anni che da 63 vive ad Assemini: Paolo Demuru. Le origini sono a Balascia, frazione di Oschiri, dove da ragazzo Demuru ha vissuto a contatto con la natura, il paesaggio e le stelle: e da Balascia viene la lingua in cui, lavorandoci per due anni, ha ricreato le terzine di Dante, salvandone il significato, la metrica e il sistema di rime, e aggiungendoci anche illustrazioni fatte di suo pugno.

Un lavoro duro, svolto da un lato sulla pagina e dall’altro su se stesso: il corpo a corpo con la poesia del più grande poeta italiano ha spinto Demuru a domandarsi cosa l’inferno e il purgatorio rappresentino per noi, uomini del ventunesimo secolo. La traduzione è ancora inedita.

Sull’Unione Sarda in edicola e nell’edizione digitale, l’articolo completo di Angela Caddeo con l’intervista.

© Riproduzione riservata