Poker Hold'em, successo o rovina:gli effetti collaterali della versione texana
Il successo di questa versione western del poker è legato alla spettacolarizzazione, possibile solo nella variante americana, dove il giocatore ha in mano due carte da accoppiare a quelle sul tavolo.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«La texana è la Cadillac del poker», dice con faccia quadrata Matt Damon in Rounders, film-bibbia per i giocatori d'azzardo. Lanfranco Pace è d'accordo, almeno nella misura in cui la lunga automobile a stelle e strisce incarna il simbolo del Sogno americano. «In fondo il successo del Texas Hold'em è il ritorno prepotente di quel sogno, che ha ricevuto un colpo durissimo dopo la caduta del mito di Wall Street, un'altra icona di quel desiderio di rivalsa che spinge a tentare la fortuna». Anzi, forse è proprio attorno alla Borsa e ai suoi meccanismi non proprio ortodossi che si è sviluppato il culto per tris, full e scale reali: «Il poker ha delle regole e una morale precisa, anche se non sembra. E dal momento che anche Wall Street si è messa a fare carne di porco delle regole, ecco perché il sogno si è trasferito sul gioco. Quella dell'Hold'em è una comunità di delinquenti onesti». Giornalista del Foglio e opinionista politico per La 7, Pace ha vissuto gli Anni di piombo dall'altra parte della barricata, immerso nei gruppi di Potere Operaio e Autonomia operaia. Leggenda vuole che le Br non lo avessero preso in considerazione proprio per il suo amore per il poker. Non andò esattamente così, ma l'attaccamento al tavolo verde è rimasto (anche se il diretto interessato minimizza) e ieri il conduttore di Otto e mezzo ne ha parlato di fronte agli studenti di Scienze della Formazione dell'Università di Cagliari (a invitarlo, insieme al docente de “La Sapienza” Fabio Tarzia, è stato il professore Emiliano Ilardi), durante un seminario di Sociologia dei processi culturali.
SUCCESSO E ROVINA Dove ha cercato di spiegare, tra le altre cose, come una variante della classica Telesina possa portare fino alle stelle, spesso con un tragitto di andata e ritorno: «È un gioco veloce, può dar ricchezza in poco tempo ed è capace di spedire a Las Vegas anche un dilettante, o quasi. E con la stessa velocità, ti fa cadere. Ricco e povero. Non c'è la distinzione del poker francese o italiano». Perché la particolarità della texana e che tutti si siedono a un tavolo con gli stessi soldi, e l'obiettivo non è quello di guadagnare ma di annientare gli avversari. «È uno sport molto violento da questo punto di vista». Non è un caso che quel nomignolo «Hold'em», letteralmente «tienile», per Pace sia da tradurre con «strizzale» e non si riferisce certo alle carte ma a parti anatomiche dell'avversario.
IL MODELLO VINCENTE Il successo di questa versione western del poker è legato alla «spettacolarizzazione», possibile solo nella variante americana, dove il giocatore ha in mano due carte (e non cinque) da accoppiare a quelle, scoperte, messe sul tavolo. «Così il pubblico riesce a seguire la partita. Da questo nascono poi programmi in tv, campionati mondiali, i siti internet dove si può giocare 24 ore su 24». E nasce anche l'emulazione, la sete di successo facile che - a volte - rovina famiglie e esistenze. Specialmente tra i giovanissimi. «Il texas è democratico, consente a chiunque di giocare, è ovvio che alla fine ci siano questi effetti collaterali». È come un virus, che ai tempi di internet tiene incollati milioni di giocatori davanti al computer. Ci si sfida su un tavolo virtuale - ma con soldi veri - a qualsiasi ora. E poco importa se non si vede l'avversario, se non si può stare attenti a quel tic che può svelare il bluff, e non c'è la possibilità di far saltare i nervi a chi ti sta davanti. «In Italia sta prendendo piede questa versione più intima, dire quasi onanistica del poker».
L'ASPETTO DEMOCRATICO Ma oltre al fattore televisivo, la miccia che ha fatto esplodere l'Hold'em ha la faccia grassoccia e apparentemente insignificante di Chris Moneymaker (tradotto «Chris che fa soldi»), ex contabile di Atlanta che da grigio travet si è trasformato in campione del “World Series of Poker”, l'equivalente della coppa del mondo. Morale: «Negli Usa ci sono intere comunità, specialmente nei campus universitari dove si studia matematica o statistica, composte da persone che credono di poter sbancare tutto. Invece non è proprio così».
LA FRONTIERA Questo ora succede pure in Europa e persino in Italia, dove per il gioco d'azzardo abbiamo un debole, anche se secondo Pace e molti altri il poker è legato al concetto di frontiera. Non a caso l'Hold'em nasce nei saloon del far-west, dove modificarono il gioco portato dai francesi nello Stato della Louisiana. «La frontiera è una linea di fuga ed è servita per coltivare un mito e un'ideologia. Ha valori e morale diversissimi dalla città, e il poker è nato qui, come tentativo di truffa ai danni dei ricconi. Ora la frontiera si è spostata dal west a web». Su internet i siti specializzati, che consentono di iscriversi e giocare in Rete sono migliaia. E forse sono gli unici ad aver fatto i soldi, quelli veri.
IL BOOM DI INTERNET «Basti pensare a una cosa: il primo portale di questo tipo venne creato prima del boom, legato alla televisione e a icone come Chris Moneymaker. Non andò benissimo e il fondatore cercò di venderlo a 15 mila dollari. Non ci riuscì. Dopo l'esplosione, iniziata tra il 2002 e il 2003, lo ha ceduto a 2 milioni di dollari. La miccia è stata proprio la vittoria di questo contabile uscito fuori dal nulla, che si era iscritto a un torneo satellite con pochi dollari».
La crisi economica? Non c'entra niente col successo planetario della texana. Scrive Pace, sul Foglio di qualche mese fa: «Non è la solita febbre che sale in tempi di crisi, quando i soldi sono pochi e si spera nella buona sorte: non è il gioco del lotto né una lotteria. L'Hold'em è materia ardua, oggetto di una letteratura sterminata, libri e riviste specializzate». Facile solo in apparenza, insomma, ma affascinante. Come una Cadillac.
MICHELE RUFFI