di ANDREA PIRAS

La sua casa era l'Atlantico. Almeno fino a qualche tempo fa. Oggi lo sono anche le acque che circondano la Sardegna, la Corsica e Liguria, dove è già stata avvistata. E qualche bagnante porta ancora i segni del suo incontro ravvicinato con l'alieno.

Naviga dunque anche in Mediterraneo, trascinandosi dietro il suo carico di veleno, la Physalia physalis. Ovvero, la Caravella portoghese, la temibile medusa dal corpo a vescica gonfio di gas sormontato da una membrana-vela (è questa caratteristica che gli consente di restare a galla e farsi spingere dalle correnti e dai venti come fosse una navicella) e una lunga, interminabile coda di tentacoli lunga fino a venti, venticinque metri. Un organismo pericoloso, anche mortale, che più che una singola medusa è una vera colonia di polipi con tanto di “bocca” capace di ingerire le prede e di polipi armati di dardi retrattili (cnidocisti, li chiamano gli scienziati) che, una volta colpita la vittima, le iniettano una tossina, un potentissimo veleno capace di creare serie difficoltà anche all'uomo. Fino alla morte nel caso dovesse scatenarsi, nell'organismo del malcapitato bagnante o subacqueo, una reazione allergica.

IN SPIAGGIA Bagni a rischio, insomma, quest'estate lungo le nostre coste. È stato il mensile Focus a mettere l'accento sulla presenza insidiosa di questa specie oggi rappresentata anche nel Mare Nostrum, invitando bagnanti, subacquei e pescatori a segnalare l'avvistamento di questa e altre specie di meduse. Un servizio che consentirà, in stretta collaborazione con l'Università del Salento e la Commissione per l'esplorazione scientifica del Mediterraneo, di cui è presidente il principe Alberto di Monaco, di predisporre una mappa, aggiornata quotidianamente, non tanto sulla naturale presenza delle specie comuni da sempre nel nostro mare, quanto sulle “new entry” come, per esempio, la Mnemiopsis leidyi , un organismo gelatinoso arrivato dal Mar Nero negli anni ‘80 e trasportato dalle acque di zavorra delle petroliere americane, che nel 2009 ha invaso la laguna di Orbetello. Un piccolo alieno divoratore di uova e larve di pesci la cui diffusione potrebbe avere un impatto negativo sulla popolazione ittica.

I RISCHI Altra specie da cui tenersi alla larga è Cassiopea andromeda urticante anche se non pericolosissima, comunque in grado di infliggere sonore irritazioni in caso di contatto. È tra gli animali finiti nel bacino dopo aver attraversato il canale di Suez (fa buona compagnia a pesci pappagallo, barracuda, una particolare cernia, un tonnetto, una salpa del Mar Rosso) “per colpa” di quel fenomeno che gli studiosi ormai chiamano tropicalizzazione del Mediterraneo dovuto al surriscaldamento dell'acqua.

Questa medusa, lunga 30 centimetri, sta posata sul fondo marino con l'ombrello rivolto verso il basso, mentre bocca e tentacoli guardano verso l'alto.

Insomma, quel mare che per millenni aveva chiuso le frontiere ad altri esseri viventi, sembra essersi arreso all'immigrazione clandestina iniziata anni fa con i lucci marini (diffusissimi anche in Sardegna), proseguita per via di qualche incidente di percorso con l'alga-killer Caulerpa traxipholia (tropicale, bellissima e ornamentale, ma anche invasiva), finita nei fondali del sud della Francia dopo essere “scappata” dagli acquari del museo oceanografico di Monaco per poi colonizzare grandi estensioni subacquee anche in Liguria, Toscana e in qualche caso in Sardegna (in particolare nel sud-est dell'Isola).

I NUMERI Cinque “tipi urticanti” si aggirano per il mare, al fianco di altri nove del tutto innocui. Ma se le quattordici specie sono ormai state segnalate e censite, ben altre, ancora sconosciute, potrebbero nascondersi ancora sotto la superficie del mare.
© Riproduzione riservata