«Il peggio è passato. Non ci sono più la confusione e il terrore che ci agitavano qualche giorno fa. Non significa che i problemi siano stati risolti: c'è maggiore consapevolezza e massima determinazione ad affrontarli e superarli». Il cambio di passo lo dà Enrico Pusceddu, sindaco di Samassi, il primo a criticare senza mezzi termini le scelte della Regione in piena emergenza.

Quarantanove anni, storico dell'arte e ricercatore dell'Università di Barcellona, ha passato giorni interi senza chiudere occhio, all'oscuro della situazione sanitaria nel centro campidanese famoso per la produzione di carciofi: «Oggi non siamo più allo sbando. Le misure di contenimento stanno dando i primi risultati. Può sempre capitare qualche caso positivo in più, ma la situazione è migliorata». Era stato lui a dare fuoco alle polveri con un'intervista pubblicata domenica 22 marzo su L'Unione Sarda. Il cuore dell'accusa era sostanzialmente questo: «Sono in servizio ventiquattr'ore su ventiquattro, come tutti i colleghi. Chi aveva l'obbligo di informarmi della morte di un concittadino non l'ha fatto. Peggio: ha negato che fosse legata al coronavirus. Silenzio tombale anche sul contagio di tanti altri. Ho chiesto notizie e mi è stato risposto di telefonare in orari d'ufficio. Un atteggiamento irresponsabile mentre la pandemia continua a uccidere. La Regione ci ha abbandonato nel momento più difficile dal secondo dopoguerra». Dieci giorni dopo, il primo cittadino di Samassi è più disteso: «Molte delle richieste che avevo giudicato urgentissime sono state ribadite dai colleghi di mezza Sardegna, complice il grande lavoro dell'Associazione nazionale Comuni italiani. La Regione ha posto rimedio. Non sono mai stato un catastrofista, ma in quel momento ho pensato che non ci fosse tempo da perdere e mi sono assunto la responsabilità di fare quelle dichiarazioni forti». Cos'è cambiato? «È stato istituito il numero unico per i sindaci. È attivo dal dal 28 marzo. È stata regolarizzata la comunicazione delle quarantene ed è molto più agile il rilascio delle autorizzazioni per il rientro in Sardegna dei nostri ragazzi. Ancora però abbiamo fifficoltà a conoscere il responso dei tamponi fatti sui cittadini».

Rifarebbe tutto? «Sì. A Samassi abbiamo attuato prescrizioni rigidissime che hanno eretto un muro al diffondersi del contagio». Nei paesi limitrofi la situazione è peggiore.

«Sì, in particolare a Sanluri e Serrenti. Siamo in apprensione per loro».

Soddisfatto dell'intervento del governo per arginare l'emergenza alimentare? «Un passo che va nella giusta direzione. Dobbiamo stabilire un minimo di criteri per assegnare queste risorse ai cittadini. Siamo di fronte a una nuova povertà: artigiani, braccianti agricoli e altre categorie non hanno la liquidità per andare avanti. Il sistema economico va ripensato». Come reagirà il Medio Campidano? «Eravamo la provincia più povera d'Italia: siamo precipitati ulteriormente. Il comparto agricolo era in attesa dei rimborsi delle calamità naturali degli anni scorsi. È accaduto di tutto, siamo stati colpiti da inondazioni, siccità, poi la gelata della settimana scorsa. La batosta la vedremo in tutta la gravità tra qualche mese».

Cosa accadrà dopo il 3 aprile? «Tutti hanno capito che, in questa situazione, devono essere responsabili».

Novità prima di Pasqua? «Non ci sono le condizioni minime per allentare la presa. Anche perché se il contagio dovesse ripartire provocherebbe danni incalcolabili, non più sostenibili».

Cambieranno le relazioni sociali? «Di certo. La diffidenza è ormai radicata dentro di noi. Bisognerà riaccompagnare le persone verso la socialità. Per farlo è necessario superare l'emergenza Covid-19».

Una colpo ferale ai piccoli paesi? «In queste settimane si sono ripopolati con i ragazzi scappati dalle città italiane e straniere nelle quali lavoravano. Il problema è che ora sono disoccupati».

Sono tornati anche a Samassi? «Sì. È una novità con la quale dovremo fare i conti».

Come li avete censiti? «Si sono dovuti mettere in quarantena immediata, quindi risultano dai registri. Una conferma arriverà con la distribuzione dei buoni».

La fine dell'emergenza? «Non prima di avere scoperto il vaccino.
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