«Gli extraterrestri sono tra noi»Perché gli Et tentano di imitarci
Stefano Selvatici si considera «uno spirito libero che cerca una risposta». Cerca cerca, ha cominciato prestissimo. Aveva nove anni quando ha sentito il bisogno di fuggire dal suo lettino e dare una prima occhiata al cielo. Come optional ha poi aggiunto il telescopio e via via qualunque strumento tecnologico in grado di carpire il segreto dell'universo.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
di GIORGIO PISANO
Senza scomodare Alan Sorrenti, che pure aveva canzonettato il concetto ( siamo figli delle stelle ) o il Cern di Ginevra che insegue la cosiddetta particella di Dio, ossia l'origine dell'origine del mondo, Stefano Salvatici ci ha messo di suo uno studio ininterrotto e profondo. Oggi, a quarant'anni da quella prima notte, è un autorevole ufologo nonché astrofilo, collaboratore di un cattedratico toscano per decrittare i messaggi rivelati dai pazienti in ipnosi regressiva.
Perito edile e imprenditore (per ragioni terrene), consulente del Tribunale di Cagliari, una figlia di sette anni che ha paura degli alieni, Salvatici è un uomo diviso tra stelle e stalle: stelle che insegue per una passione mai finita, stalle per arrivare senza fiatone alla quarta settimana del mese. Condisce la giacca di velluto scuro, cioè da libero professionista casual, con un piccolo mercato etnico che porta serenamente addosso: collana esterna (sulla cravatta) donatagli dagli indiani Hopi, collana interna (denti di alce) legata alla danza del Sole, anello-souvenir eredità d'un amato suocero e una ragguardevole quantità di bracciali incluso un rosario. «Che però, per quanto mi riguarda, non è un rosario ma semplicemente un simbolo. Il simbolo del sacrificio».
Detto e raccontato così, Salvatici potrebbe sembrare uno dei tanti che hanno problemi di sintonizzazione con la quotidianità. Disturbi di frequenza. Giusto per farsi male e non cercare di apparire gradevole e normale per forza, aggiunge d'aver «personalmente visto per tre volte oggetti volanti non convenzionali». Del caso più eclatante, roba di pochi anni fa, rammenta una sfera piatta color cobalto che ha attraversato l'arco celeste in cinque secondi (manco fosse un Mastella degli astri). Velocità sorprendente, pur con qualche singhiozzo, perché comparabile con un aeroplano che passava sotto. «E sembrava fermo». Al fenomeno hanno assistito due testimoni, non astrofoli e nemmeno ufologi, che - pur confermando tutto - hanno mantenuto una sorta di agnosticismo. Insomma, non si sono convertiti.
Salvatici, che ha organizzato e finanziato un'ottantina di convegni sugli Ufo, sa bene quali inquietanti psico-interrogativi possa suscitare una persona come lui. E se ne infischia per una serie di validissime ragioni: fa il suo lavoro di imprenditore con risultati soddisfacenti, non vende talismani o pozioni, non si accredita nelle vesti di santone o di adsl umana per eventuali colloqui con gli extraterrestri. Autore di una bella trasmissione a Videolina ( La porta sull'infinito ), ha finora pubblicato quattro libri (il quinto è in macchina) e si dichiara credente «pur non appartenendo ad alcuna religione». Il Dio nel quale spera e confida è un immenso contenitore che comprende e si mescola a tutto e tutti: uomini, animali, piante, cielo, pianeti. Meritevoli di rispetto dal primo all'ultimo.
Dunque sarà certamente vegetariano.
«Vorrei. Ma su questo fronte resto fariseo: predico bene e razzolo male».
Lei è un astrofilo. Chi sono gli astrofili?
«Autodidatti, ricercatori che non hanno compiuto studi specifici e accademici sui corpi celesti. In Italia siamo più di diecimila e tra questi qualcuno che è andato a fondo sicuramente c'è».
Per esempio?
«Il mio prossimo libro riferisce della tradizione indù che parla di oggetti volanti non convenzionali già seimila anni fa».
Torniamo agli astrofili: club, setta o associazione al delirio?
«L'Unione italiana degli astrofili raccoglie gli appassionati del settore e pubblica una rivista. Dopodiché ciascuno di noi prosegue le proprie indagini in solitudine».
Scrutando il cielo.
«Esatto. In ogni momento possibile. Non è un'azione noiosa e ripetitiva: lo scenario è infinito e cambia in continuazione. Avete idea di quale meraviglia sia stata la cometa di Halley sfrecciata sulle nostre teste negli anni '90? Era uno straordinario ambasciatore dell'universo».
Ufologo. Vuol dire che i marziani esistono?
«Marziani, abitanti di Marte? Per ora non lo sappiamo. Sappiamo però di altre forme di vita. Le chiamiamo genericamente Et, extraterrestri. L'universo è uno spazio infinito: sarebbe sprecato se non ci fosse nessuno».
Chi ci abita?
«Le ricerche in questo senso vanno avanti da 35 anni. Siamo passati dalla preistoria delle visioni di Ufo (oggetti volanti non identificati) a persone addotte dagli alieni».
Addotte significa sequestrate?
«Testimonianze di questo tipo sono state raccolte dal professor Corrado Malanga dell'università di Pisa durante sedute di ipnosi regressiva. I pazienti hanno riferito di incontri che non lasciano margine al dubbio. E non voglio scomodare casi clamorosi come quello di Linda Cortile a New York».
Scomodiamolo, invece.
«La signora è stata prelevata dagli alieni mentre era nel suo letto. A fianco aveva il marito che dormiva e che poi, sotto ipnosi, ha ricordato in maniera precisa alcuni momenti della vicenda. Il disco su cui l'hanno portata via è stato osservato anche da un passante speciale: il segretario generale delle Nazioni Unite».
Gli Et sono fra noi?
«Credo di sì».
Che sembianze hanno?
«Le nostre. Hanno fatto una specie di copia-e-incolla per essere identici a noi. Salvo un particolare che li fa riconoscere: sono privi di emozioni».
Il mondo pullula di gente priva di emozioni.
«Io mi riferisco a una totale, assoluta incapacità a vivere un sentimento, l'emozione di un attimo, il senso della bellezza. Noi, noi terrestri voglio dire, suscitiamo il loro interesse proprio per questo».
Cioè?
«Ci stanno studiando per riuscire a diventare come noi, per trovare un modello standard di emozionalità da portare a casa loro».
Vogliono esportare il cuore buono dell'uomo?
«Ecco, proprio questo. Sono molto interessati a diventare qualcosa di meno meccanico, meno freddo, più partecipativo».
L'ufologia si regge coltivando un'angosciosa paura.
«Neanche per un secondo. Io ho certezza di quel che dico e non voglio mettere in ansia nessuno. Sono un uomo onesto, non cerco suggestioni o adepti. Mi limito a mettere a disposizione l'esperienza che ho».
Intelligenza extraterrestre: è il caso di preoccuparsi?
«Direi di no. In fondo la Terra, per loro, non è che l'ultima spiaggia, l'ultimo angolo d'universo in cui possono recuperare il tesoro perduto: i sentimenti».
Li fa così romantici, gli alieni?
«No. Semplicemente interessati. E tecnologicamente in grado di raggiungere il risultato».
Sono anche loro creature di Dio?
«Dio siamo anche noi. Siamo contenitore e contenuto».
Sta affermando che il divino è nell'uomo?
«Senza dubbio. L'uomo fa parte di un tutto in continua evoluzione. Aveva ragione Antoine Lavoisier: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».
Significa che non c'è confine tra vita e morte?
«Nel grande contenitore che ci abbraccia tutti non c'è vita e non c'è morte. Quando si muore, il nostro corpo si trasforma e la nostra coscienza va in un'altra dimensione. Che possiamo scegliere, a patto di aver avuto un'esistenza saggia e matura».
Altrimenti?
«Non a tutti è consentito di scegliere in quale dimensione andare».
Che requisiti servono?
«Aver rispettato la vita propria e quella degli altri, distinguere l'amore personale da quello universale. Per l'uomo l'amore e il sesso sono la stessa cosa. Lo stadio successivo è capire che si può amare - di amore infinito e assoluto - la luna o un iguana, una pianta o i prati».
Sua moglie che ne dice?
«Mi conosce bene e ha deciso di sposarmi sapendo a cosa andava incontro. Ha fiducia, mi rispetta, sa che respingo qualunque concezione del male. Recito benissimo la mia parte, con coscienza e lealtà».
Si sente in palcoscenico?
«Come tutti. Il mio lavoro, che pure faccio con scrupolo, è una parte che recito ogni giorno. Con questo voglio dire che ogni giorno io mi dissocio dalla vera anima di Stefano Salvatici per stare alle regole della vita».
E il cuore altrove.
«Non il cuore, il cervello: la vita mi costringe a vivere dissociato».
Lei ha detto che il contatto con Dio è possibile attraverso trasformazioni della chimica individuale.
«L'uomo è un laboratorio chimico. Il corpo umano reagisce agli stimoli di determinati ormoni e muta costantemente, cambia il ritmo cardiaco, accelera la respirazione. Il problema è riuscire a dominare lo stato emotivo. Lo stress è una delle cause che ci impedisce di vedere Dio. Dove? Negli animali, nelle stelle, nel nostro vicino».
È questo il segreto che gli alieni vorrebbero imparare?
«Credo proprio di sì. Non è un caso che monsignor Balducci, eminenza grigia del Vaticano, abbia ribadito in tivù che la Chiesa non nega l'eventualità che possano esistere altri mondi».
Lei frequenta la Chiesa?
«Rispetto l'istituzione ma non la frequento perché sono convinto che il tempio di Dio è il nostro corpo. Alcuni, come certi autistici o gli schizofrenici, riescono a vedere verità che per noi restano nascoste o incomprensibili».
Arrivando al dunque: ha paura della morte, che pure non esiste?
«Sì. Ho paura della morte perché non ho la certezza assoluta di quello che dico. L'avessi, avrei raggiunto Dio».