Asiatici, sottopagati, impiegati in violazione delle norme di sicurezza e legati a un contratto che aggirava le leggi sugli appalti: queste le condizioni, secondo la Procura di Tempio, di una trentina di lavoratori (soprattutto filippini) che sono stati impiegati per la costruzione di un grande impianto fotovoltaico alle pendici del Limbara. Affari milionari dell’energia dai quali, stando alla ricostruzione degli inquirenti,  emerge un quadro di irregolarità. 

L’operazione è stata condotta nelle scorse settimane  dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Sassari, dagli Ispettori dell’Itl di Sassari, e dai militari della Compagnia di Tempio a seguito di numerose segnalazioni –con in testa quelle del Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica – su strani movimenti di lavoratori stranieri nel territorio: alcuni gruppi  sarebbero stati visti a bordo di furgoni con cassoni, che venivano portati nei campi per piazzare pannelli. Erano state scattate anche alcune foto. E in Procura hanno deciso di avviare degli accertamenti, anche a seguito di un ulteriore atto formale: il sindaco di Calangianus, Fabio Albieri, qualche tempo prima del sopralluogo aveva emanato un ordinanza di sgombero per un appartamento in «pessime condizioni igienico-sanitarie». La polizia locale aveva scoperto che veniva utilizzato come alloggio per circa trenta-quaranta stranieri impiegati negli impianti fotovoltaici, stipati in poco più di 100 metri quadri. Facevano capo a un’impresa polacca che, stando a quanto trapela, ha fornito personale anche per la realizzazioni di altri campi nel resto della Sardegna. 

Uno dei lavoratori stranieri
Uno dei lavoratori stranieri
Uno dei lavoratori stranieri

Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Tempio Pausania, Gregorio Capasso, hanno consentito di individuare e denunciare tre imprenditori stranieri, rappresentanti legali di altrettante società estere, che operano nel settore delle  installazione di pannelli fotovoltaici: sono ritenuti «responsabili di aver stipulato ed eseguito contratti di appalto d’opera o servizi privi dei necessari requisiti, attraverso un sistema che ha in realtà rivelato la somministrazione fraudolenta dei lavoratori, attraverso uno schema di subappalti a cascata, in violazione della normativa comunitaria relativa al distacco di manodopera, omettendo gli adempimenti necessari alla tracciabilità degli ingressi in Italia». 

Sotto accusa, nell’ambito della stessa inchiesta, anche  un libero professionista e un quarto imprenditore, ritenuti responsabili di violazioni contro le norme sulla sicurezza sul lavoro.  

Sono state comminate sanzioni per circa 255 mila euro. 

Enrico Fresu / Andrea Busia

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