«A noi Zamboni ha salvato la vita»Sit-in al Brotzu in solidarietà al chirurgo
Circa duecento persone hanno partecipato ieri al Brotzu alla manifestazione di solidarietà al chirurgo. Solidarietà anche da parte del sindacato dei primari ospedalieri Anpo: «Ci auguriamo che vengano chiariti al più presto tutti gli aspetti della vicenda».Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Carmela Onnis era in lista d'attesa da cinque anni. Fausto Zamboni era ancora in giro per il mondo e i trapianti a Cagliari erano poco più di un sogno nella testa di Franco Meloni, direttore generale del Brotzu. «Mi misi in lista d'attesa a Padova. Furono anni di emigrazione sanitaria, di viaggi continui». Nel 2002 le venne trapiantato il fegato, poi ci fu il post trapianto. «Sa che cosa significa per una persona che sta male, molto male, fare avanti e indietro per dieci anni, lasciare lavoro, affetti. Sa quanti costi si devono affrontare?». Per questo Carmela Onnis, che oggi sta benissimo, ieri era nella hall del Brotzu assieme ad altre 200 persone, a testimoniare la solidarietà al primario della chirurgia generale per il quale la procura ha chiesto e ottenuto dal tribunale del riesame la sospensione (provvedimento sospeso in attesa del pronunciamento della Cassazione) dall'attività chirurgica ordinaria ma non da quelle dei trapianti nell'ambito di un'inchiesta per omicidio colposo. Un provvedimento che ha pochi precedenti in Italia e che stride con la fama ma soprattutto con i risultati ottenuti da Zamboni nei sei anni di permanenza a Cagliari.
LE T SHIRT «I trapiantati sardi sono con Fausto Zamboni. Siamo vivi grazie a lui». In piedi, alle spalle della grande vetrata che illumina la hall del più grande ospedale dell'Isola, la metà degli uomini e delle donne operati dal chirurgo bresciano reggono uno striscione con un ringraziamento sincero. Hanno percorsi di vita diversi ma un epilogo comune: sapevano di dover morire entro qualche mese, sono stati operati nella loro terra e ora hanno avuto figli, fanno progetti. Indossano una t-shirt fatta realizzare dalla Prometeo, l'associazione presieduta da Pino Argiolas (trapiantato di fegato) che ha organizzato la manifestazione di solidarietà. «Avevo tre mesi di vita, Fausto Zamboni mi ha salvato». «Grazie immenso al donatore, Fausto Zamboni mi ha salvato». «Io sto con Fausto Zamboni». Le scritte sulla magliette sono un tributo al chirurgo e all'uomo, di cui tutti sottolineano una rara sensibilità che non stride, come potrebbe sembrare, con il carattere spigoloso ma risoluto che gli ha reso difficili i rapporti con molti colleghi.
LE STORIE «Non possiamo operarla, si rassegni». A Vito Maggialetti, 68 anni, tutti i medici avevano detto così. Colpito nel 2006 da una cirrosi epatica, ha pellegrinato negli ospedali di mezza Europa, da Milano a Padova, da Parigi a Udine, uno dei centri migliori d'Italia. «Tutti mi dicevano che ero troppo vecchio, che ero un malato terminale, che avrei vissuto al massimo per sei mesi. Poi ho saputo di Zamboni, mi ha operato e oggi sono qui, vivo». Come Giovannino Naitana, 72 anni di Macomer. Anche lui, secondo i medici, doveva morire. Invece è vivo. Ieri, a testimoniare la sua storia, c'era la sorella, Giuseppina. «Ha avuto un tumore al pancreas, ha subito molti interventi in altri ospedali, è diabetico. Al Santissima Trinità e al Binaghi l'hanno definito non operabile. Poi è arrivato lui, ora mio fratello sta bene». Come Augusto Artagnac, 60 anni, il trapiantato numero uno. Era il due marzo del 2004 e il Brotzu non aveva ancora l'autorizzazione del ministero della Sanità per effettuare i trapianti. «Ero in lista d'attesa a Torino. Stavo malissimo, non ero trasportabile. Zamboni chiamò il professor Salizzoni, da cui si era formato alle Molinette, e fece il trapianto con lui. Sono passati sei anni e sto bene. Ora faccio il volontario nel suo reparto». Rosanella Zonza è stata trapiantata il 30 dicembre del 2000, a Torino da Zamboni. Anche lei, come Carmela Onnis, ha conosciuto l'emigrazione sanitaria. Imprenditrice assieme al marito, hanno dovuto lasciare il lavoro e vivere a lungo in Piemonte. «Sarebbe assurdo perdere una struttura e un chirurgo come questo».
Tra i solidali c'è una donna di 48 anni che chiede l'anonimato. È lì per raccontare una storia triste. «Alla mia migliore amica, medico, diagnosticarono un cancro. Era piena di metastasi e nessuno voleva operarla: per la sanità cagliaritana era morta, aveva pochi giorni di vita. Ma lei voleva vivere e assieme andammo da Fausto Zamboni. “Dottore, ho una voglia disperata di vivere”, gli disse. Lui esaminò il suo caso, la avvertì dei rischi dell'intervento, poi la operò. Visse per altri due anni e fu felice».
CHI C'ERA A testimoniare la vicinanza al chirurgo ci sono i vertici del Brotzu, medici, infermieri, sindaci (quello di Sarroch Mauro Cois rappresenta l'Associazione dei Comuni), assessori, consiglieri regionali e comunali di opposti schieramenti, c'è Franco Meloni, il primo a volerlo in Sardegna e il primo a difenderlo, ci sono gli avvocati Patrizio Rovelli, che lo difende, e Maria Grazia Monni. Una mobilitazione mai vista. Lui arriva solo al termine della manifestazione. Sollecitato da Meloni, compare per qualche minuto, salutato da un applauso e sommerso dagli abbracci dei suoi pazienti, che lo amano come si ama chi ti ha salvato la vita. Zam-bo-ni, Zam-bo-ni , urlano. Lui sorride appena, imbarazzato. E dice poche parole tra occhi umidi e sguardi ammirati: «Vi ringrazio per la stima e continuerò a lavorare, certo che col tempo arriveranno i frutti. Ho fiducia nella magistratura. Ora scusate, torno a lavorare».
È passata un'ora dall'inizio della manifestazione, è tempo di lasciare che l'ospedale torni ad essere solo un luogo di cura. Pino Argiolas invita i sardi a donare gli organi «perché da mesi tutto tace e perché in lista d'attesa ci sono tre persone che hanno massimo tre mesi di vita» e ribadisce che «ai sardi, a chi sta male, non interessano le beghe tra camici bianchi, ma medici capaci, come Zamboni». Dopo di lui parla Paolo Altieri, ex direttore del dipartimento malattie renali del Brotzu. E dice poche parole: «La Sardegna è una terra bellissima, ma respinge sempre chi eccelle».
I PRIMARI CON ZAMBONI In serata l'Anpo Ascoti-Fials-medici, il sindacato dei primari ospedalieri, diffonde un atteso comunicato: «Esprimiamo grande comprensione per il dramma nel quale si trovano coinvolti, sotto diversi aspetti e livelli di intensità, i familiari della signora Carboni ed il personale sanitario del reparto chirurgico, in particolare il dottor Fausto Zamboni. In piena fiducia nell'operato della magistratura, ci auguriamo che vengano chiariti, al più presto, tutti gli aspetti della triste vicenda e che si ripristini un clima di serenità e di fiducia necessario per continuare ad operare nell'interesse prioritario del malato».
FABIO MANCA